Sono numerosi gli studi che hanno ipotizzato i vantaggi della rivoluzione industriale digitale, altrettanti quelli che mettono in luce, invece, i possibili svantaggi. Tra i vari dubbi, legati soprattutto ai posti di lavoro che potrebbero andare persi, ci sono però anche delle stime incoraggianti.
L’ultimo studio redatto dal Digital Trasformation Institute di Capgemini sostiene che gli investimenti in fabbriche intelligenti potrebbero generare un aumento del 27% dell’efficienza produttiva nell’arco del prossimo quinquennio, comportando un valore aggiunto all’economia globale di ben 500 miliardi di euro. Il fattore incoraggiante è che si tratta di stime espresse dalle aziende attive nel settore manifatturiero.
Non solo, secondo l’indagine gran parte delle imprese intervistate sembra aver capito che più che ridurre i posti di lavoro, la strategia più adatta con l’avvento dell’automazione sia accrescere le competenze dei propri dipendenti, riducendo le inefficienze. Non a caso il 54% degli intervistati ha dichiarato di aver inserito i propri dipendenti in percorsi di formazione digitale, mentre il 44% sta investendo in nuove forze di lavoro già formate in tal senso.
Nel nostro Paese, secondo una ricerca condotta da Ranstad in 33 Paesi, due lavoratori su tre ritengono necessario un accrescimento delle competenze digitali, anche perché, secondo il 70% degli intervistati, ad oggi le aziende italiane non disporrebbero delle competenze digitali necessarie per avviare un percorso di digitalizzazione.
D’altronde, una maggiore digitalizzazione garantirebbe un impatto positivo sulla competitività delle aziende, sia dal punto di vista dell’internazionalizzazione - spiega uno studio della Boston Consulting - sia dal punto di vista occupazionale e produttivo.
Purtroppo però, tornado all’indagine di CapGemini, ad oggi solo il 6% delle aziende intervistate può vantare una fase avanzata di digitalizzazione della produzione.