E' in scena dal 4 al 21 maggio, al teatro Manzoni di Milano, "Il sorpasso", prima trasposizione teatrale del celebre film di Dino Risi. Protagonisti nei ruoli che furono di Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignant ci sono Giuseppe Zeno e Luca Di Giovanni. "Il mio Roberto è un personaggio timido e introverso - spiega Di Giovanni a Tgcom24 - che muta nel corso dello spettacolo, quasi come in un romanzo di formazione".
La regia di Guglielmo Ferro e l’adattamento di Micaela Miano mette al centro della vicenda i due protagonisti e il loro incontro/scontro come puro conflitto caratteriale e psicologico. Tra Bruno e Roberto si stabilisce sin dalle prime scene un giocoforza di prevaricazione, rivendicazione, ambizioni, fughe, rinascite, silenzi e violenza. In scena con Zeno e Di Giovanni ci sono Cristiana Vaccaro, che incarna l'immaginario femminile nel doppio ruolo della moglie di Bruno e della zia di Roberto, Marco Prosperini, Simone Pieroni, Pietro Casella, Francesco Lattarulo e Marial Bajma Riva.
"Il sorpasso" è un capolavoro della nostra storia cinematografica. Che rapporto hai con quel film?
Lo conosco a memoria, da ben prima di fare il provino. E' uno dei film con cui sono cresciuto. Quando sono stato chiamato mi sono sentito lusingato e felice. Una volta scelto però mi è apparso uno scenario molto chiaro: rivederlo oppure no? Grazie anche alle indicazioni del regista mi sono deciso a cercare altre vie.
Il personaggio interpretato da Trintignant quindi non è stato un punto di riferimento?
Lo spettacolo è un'altra cosa per ciò iamo stati incoraggiati a cercare una nostra cifra. Al di là del fatto che il film è di cinquant'anni fa, l'interpretazione di Trintignant era anacronistica ed era pure doppiato, difficile farne un modello da seguire. Il film resta un riferimento iconografico più che altro per il pubblico, noi ci siamo sentiti piuttosto sciolti nel cercare i nostri personaggi.
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E quindi il tuo Roberto com'è?
Ho creato un personaggio timido, introverso, bloccato nelle sue paure e insicurezze. Dal mio punto di vista è un romanzo di formazione. I pensieri di Roberto sono seguiti sin dall'inizio grazie anche alla voce fuori campo, quando poi entra in scena Bruno viene travolto. Questo è stato un lavoro doppiamente interessante perché mi ha dato modo di essere in scena dal primo all'ultimo secondo mutando la pelle del mio personagigo in corso d'opera. Roberto infatti all'inizio subisce ... ma poi piano piano il rapporto tra lui e Bruno muta e matura.
Non sei nato come attore ma hai studiato per diventare critico cinematografico. Come è avvenuto il salto dall'altra parte della barricata?
Tutto è nato con una passione smodata per il cinema. Guardare film per me è una religione, ancora oggi vado al cinema quattro o cinque volte alla settimana. Quindi l'idea di fare diventare questo un lavoro e diventare un 'Mereghettiì mi appassionava.
Poi cosa è successo?
E' emersa l'esigenza espressiva che in me è sempre stata forte. Ho fatto rap, scrivevo testi. Essendo al Dams ho avuto l'occasione di scrivere delle sceneggiature per un corto che poi ho anche diretto, interpretato e montato. E anche con il teatro è iniziata alla stessa maniera, scrivendo dei monologhi. Lavoro dopo lavoro la gente che vedeva quello che facevo mi faceva i complimenti per la recitazione. Alla fine nella vita puoi fare bene una cosa, non troppe.
E l'occhio critico ha influito in qualche modo nel tuo essere attore?
Quando recito non ci penso, però quando mi rivedo soffro più degli altri...
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