Lavoro

Lavoro: in un anno più giovani occupati, ma le criticità restano

Nella fascia di età 15-24 anni il tasso di occupazione sale al 17,2% nel mese di marzo, +0,8% rispetto allo scorso anno

© -afp

Sono il lavoro e la condizione economica generale a influenzare le scelte dei più giovani e a rallentarne l'uscita dalla casa dei genitori, secondo l'ultimo Rapporto Giovani 2017 dell'Istituto Toniolo (che ha intervistato 18-32enni). La crisi, tra le altre cose, ha rappresentato un freno all'avvio della vita lavorativa di tanti ragazzi e ragazze, costretti a bassi salari o alle prese con le difficoltà occupazionali degli ultimi anni.

Gli ultimi dati sul lavoro dell'Istat, però, restituiscono un'immagine più ottimistica rispetto al trend negativo registrato di recente. A marzo 2017 la disoccupazione giovanile – che contempla i giovani tra i 15 e i 24 anni – si è attestata al 34,1%, in calo dello 0,4% rispetto al mese di febbraio. Di contro l'occupazione è cresciuta dello 0,4% (+0,8% in un anno), attestandosi al 17,2%.

Nello specifico la stima degli occupati in questa fascia di età è cresciuta di 42 mila unità dal marzo del 2016 al marzo di quest'anno, la quota dei disoccupati è scesa di 48 mila unità, ma soprattutto è in calo il numero degli inattivi (-19 mila).

Gli inattivi sono le persone che non fanno parte delle forze di lavoro, ovvero quelle che l'Istat non classifica come occupate o in cerca di occupazione, pertanto rappresentano le componenti più distanti dal mercato del lavoro. Il numero degli inattivi, a proposito di giovani, non è diminuito solo nella classe di età 15-24 anni, ma anche tra i 25-34 anni, tra le più svantaggiate nell'ultimo periodo (-102 mila unità su base annua).

Qualche timido miglioramento cominciamo a osservarlo, ma nel confronto europeo il nostro tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) resta tra i più alti. Nell'UE28 la disoccupazione giovanile è scesa dal 19,1% del marzo 2016 al 17,2% di quest'anno e nell'Eurozona dal 21,3 al 19,4% (Eurostat), ma il dato del nostro paese (34,1%) è comunque elevato seppure distanziato dai valori registrati in Grecia (48% a gennaio) e Spagna (40,5%).