L'ong venezuelana "Un mundo sin mordaza" (Un mondo senza bavaglio) ha organizzato in un'ottantina città di 27 paesi del mondo, Italia inclusa, manifestazioni contro il governo di Nicolas Maduro. L'obiettivo è "chiedere la fine della violenza, le uccisioni e la violazione della Costituzione". La situazione nel Paese è degenerata dal 29 marzo scorso, quando la Corte suprema legata al regime ha tentato di privare il Parlamento del potere giudiziario.
La questione delle carceri Nel fine settimana si sono verificate forti tensioni a Caracas. Da diversi punti della capitale, si sono mossi cortei dell'opposizione per raggiungere alcune delle carceri della città dove sono rinchiusi i prigionieri politici "antichavisti". Uno dei principali obiettivi delle manifestazioni è quello di raggiungere "Ramo Verde", il carcere di massima sicurezza che si trova in uno dei quartieri periferici della città. È lì che è rinchiuso Leopoldo Lopez, uno tra i leader più noti dell'opposizione che sta scontando una pena di 13 anni di carcere. Considerato il "nemico" numero uno di Maduro, è accusato di aver commesso atti violenti durante le proteste del 2014.
Le proteste La situazione è peggiorata da quando il Tribunale supremo di giustizia, controllato dal governo, lo scorso 29 marzo ha tentato di assumere il potere giudiziario sottraendolo al Parlamento, nel quale l'opposizione ha la maggioranza. Dopo una serie di proteste e di forti pressioni da parte della politica internazionale, la Corte Suprema venezuelana si è vista obbligata a fare marcia indietro e a ritirare le sentenze con cui aveva esautorato il Parlamento. Nel frattempo una sentenza della magistratura ha impedito al leader dell'opposizione Henrique Capriles, candidato alle presidenziali e sconfitto da Maduro nel 2013 dopo la morte di Chavez, di candidarsi a incarichi politici per 15 anni. Sono questi i motivi principali che hanno portato popolazione e opposizione a scendere in piazza.
Le violenze Il bilancio delle vittime delle proteste è salito a 30. L'ultimo a essere ucciso è stato un ragazzo di 23 anni, freddato con un colpo di pistola in faccia mentre partecipava a una manifestazione nel nord ovest del Paese. Lo scorso 19 aprile, giorno dell'anniversario dell'indipendenza del Venezuela, tutte le forze politiche che si oppongono al presidente Maduro hanno organizzato "la madre di tutte le manifestazioni". La giornata si è conclusa con violenti scontri, lanci di sassi, bombe molotov, gas lacrimogeni e due morti: uno studente di 17 anni, Carlos Moreno, è stato colpito alla testa da un proiettile, mentre una studentessa universitaria di 23 anni, Paola Ramírez Gomez, è stata uccisa da un colpo di fucile inseguita da dei motociclisti.
Crisi economica e povertà Ad aver alimentato il clima di tensione è la gravissima crisi economica nel quale il Paese è precipitato in seguito all'effetto combinato del crollo del prezzo del petrolio, dal cui export l'economia venezuelana dipende in larghissima parte, e della crisi valutaria dei mercati emergenti, che hanno innescato una spaventosa iperinflazione. Stando ai dati diffusi dalla Caritas, l'80% della popolazione ha difficoltà a trovare cibo e reperire farmaci. Più della metà dei venezuelani si trova in condizioni estreme, soprattutto i bambini e gli anziani, prime vittime della malnutrizione. La direttrice di Caritas Venezuela, Janeth Marquez, sostiene che "ci sono persone che hanno perso fino a 20 chili di peso perché non hanno soldi per sfamarsi. Molti cercano cibo nella spazzatura e ci sono tantissimi bambini denutriti".
La povertà sta generando anche un'escalation di violenze da parte della criminalità: ogni giorno in Venezuela muoiono circa 80 persone uccise dalla delinquenza, tanto che Caracas è diventata ormai una delle città più pericolose del continente. Secondo il leader dell'opposizione venezuelana Henrique Capriles, le elezioni anticipate sarebbero l'unica soluzione per mettere fine alla crisi in atto nel Paese. Intanto il governo ha annunciato di voler avviare le pratiche per ritirarsi dall'Organizzazione degli Stati Americani (OSA). Da settimane il segretario generale dell'OSA, Luis Almagro, accusa il presidente socialista Maduro di aver trasformato il Venezuela in una dittatura.