A La Spezia sei persone, tutte di nazionalità italiana, sono state indagate perché ritenute responsabili di aver dato vita a una cellula neonazista. Ai sei viene contestato di aver creato una "associazione finalizzata all'incitamento, alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici e nazionali" ed a vario titolo sono accusati anche di danneggiamento e danneggiamento seguito da incendio aggravato.
I carabinieri hanno perquisito le abitazioni dei sei indagati e per tre indagati è stato disposto l'obbligo di dimora nel comune di residenza con il divieto di allontanamento dall'abitazione nelle ore notturne.
Indagine partita da atti di vandalismo contro locale sede Pd - L'indagine, denominata "Aurora" e coordinata dal Procuratore capo Antonio Patrono, ha preso avvio nel maggio 2016, a seguito delle denunce presentate ai carabinieri per l'imbrattamento, avvenuto con l'apposizione di svastiche e simboli nazisti, all'esterno della locale sede del Partito Democratico.
Una prima perquisizione a distanza di pochi giorni a carico di noti militanti dell'ultradestra locale aveva portato al ritrovamento di armi bianche, materiale documentale e informatico di chiara ispirazione nazista.
Ronde contro extracomunitari - Il gruppo, secondo i carabinieri, organizzava ronde "punitive" nei confronti di cittadini extracomunitari, e in alcune circostanze ha appiccato il fuoco a raccoglitori di indumenti usati della Caritas diocesana de La Spezia e a un macchinario di una cava. Il gruppo aveva anche una base logistica: una roulotte parcheggiata in una zona boschiva di Follo (La Spezia), dove i carabinieri hanno trovato istruzioni per fabbricare ordigni rudimentali, realizzabili con componenti di uso comune normalmente in vendita.
"Caccia a negri e antifascisti" - "Si va a caccia di negri e antifascisti". Così i militanti del gruppo neonazista si incitavano nel gruppo WhatsApp creato ad hoc per attirare proseliti e pianificare i blitz. "E' giunto il momento delle spedizioni punitive in questa città", scrive un militante, mentre uno degli indagati va oltre, spiegando che "bisogna costruire il terreno per un colpo di Stato". Nel mirino anche la Caritas, colpevole secondo i militanti di non aiutare più gli italiani per dedicarsi al sostegno degli immigrati, da qui gli incendi ai raccoglitori di indumenti dell'associazione ecclesiale.