La fashion designer Simona Contaldo è la fondatrice del brand Abdica. Le sue pochette da borsetta, dai colori brillanti e dalle fantasie etnico-optical, spalancano le porte della nostra mente sulla cultura e sulle tradizioni di Paesi lontani. La sartorialità italiana incontra la realtà afro-araba e fa rivivere la sua storia.
I tessuti, che rendono unica ogni creazione, provengono dai tanti viaggi della stilista alla scoperta del mondo. Le bustine a marchio Abdica sono pezzi rari ed esclusivi, realizzati attraverso una tecnica di lavorazione artigianale, che garantisce gli alti standard qualitativi del made in Italy. Le donne più sofisticate, attente alla ricercatezza del proprio stile, a partire da ogni piccolo dettaglio, possono così sfoggiare un look impeccabile, anche nella dimensione più intima e segreta della propria borsa.
Simona, mi racconteresti com’è nato il progetto Abdica?
L’idea è nata per caso, per una serie di coincidenze. Mio marito ha una proprietà in Kenya, dove spesso trascorriamo le nostre vacanze. In qualche modo, inevitabilmente, l’Africa mi è entrata nel cuore. Alcuni anni fa, in un vecchio mercato di Malindi, del tutto al di fuori dal circuito turistico-commerciale, ho acquistato dei tessuti tradizionali del luogo, che si chiamano kitenge: rettangoli di cotone, stampati a cera, dalla trama spessa e dalle fantasie più disparate, comunemente utilizzati per fare vestiti, camicie, gonne e complementi d’arredo. Con questi tessuti, una volta rientrata in Italia, insieme ad un mio amico sarto che ha un atelier in Brera, ho realizzato delle gonne dal sapore etnico. Si trattava tuttavia di un’impresa molto ambiziosa, perché la lavorazione a mano si traduceva in costi troppo elevati. Per un certo periodo ho quindi abbandonato questa strada. L’anno scorso, però, durante un piacevole viaggio nel Sud Italia, sono venuta a conoscenza di una tecnica di tessitura molto antica, tipica della nostra cultura meridionale, che si ottiene tramite dei vecchi macchinari. Ho così deciso di unire due mondi lontani: l’Africa, attraverso il recupero di quei Kitenge comprati anni prima, e l’Italia del Sud, attraverso questa antica tecnica di lavorazione artigianale dei tessuti. Il progetto Abdica ha iniziato piano piano a prendere forma nella mia mente e sono nate le mie prime buste da borsetta.
Quali sono le caratteristiche distintive delle tue collezioni?
Innanzitutto la qualità del mio prodotto, che deriva dalla lavorazione artigianale, ma anche la sua assoluta esclusività. I tessuti che utilizzo per le mie collezioni sono pezzi singoli, che scopro lungo la strada dei miei viaggi. Oltre ai kitenge africani, ho recentemente acquistato materia prima di origine diversa, quali arazzi, tappeti, tendaggi, provenienti dall’Iran, dalla Siria, dal Qatar…ciascun pezzo è limitato nella quantità e ogni taglio è naturalmente diverso dall’altro. Le creazioni che derivano dall’assemblaggio di questi tessuti sono pertanto uniche e irripetibili. Mi piace sviluppare fantasie optical, che si distanziano dalla cultura tipicamente africana e da quella del mondo arabo, creando un sorprendente contrasto. Per il futuro ho intenzione di accentuare l’aspetto dell’unicità: ciascun pezzo avrà infatti una sua carta d’identità, ovverosia un’etichetta ben visibile che riporterà il marchio, il numero di serie, il Paese di provenienza del tessuto e l’anno di fabbricazione. Il progetto Abdica risponde al mio desiderio di utilizzare e reinterpretare materiali che rappresentano la storia di Paesi in difficoltà, in modo da poter dare continuità ad un ciclo, che altrimenti sarebbe destinato a morire.
Perché hai scelto il nome Abdica per firmare le tue creazioni?
Ho scelto di utilizzare il marchio Abdica perché mi piaceva questa parola dal punto di vista del suono. Soltanto in un secondo momento ho fatto mio anche il messaggio che ne deriva…“Abdica!” è un consiglio che oggi vorrei poter dare alla maggior parte delle persone.
© ufficio-stampa
Foto di Francesca Partesi
Per quale motivo proprio le buste da borsa? Chi è la donna Abdica a cui ti rivolgi?
Ho una vera e propria ossessione per le bustine, che siano borsette, trousse, mini- astucci…è una mia passione, ne possiedo tantissime, le ho sempre comprate sin da bambina: ho un armadio pieno! Sono convinta che la busta da borsa debba avere una sua dignità. Di conseguenza, quando disegno le mie collezioni immagino una donna capace di guardare oltre, a cui piace osare e che sia ricercata anche nella cura del particolare…la busta da borsa è proprio quel dettaglio che fa la differenza.
Ma da dove trae origine questo tuo spirito creativo?
Credo che abbia sempre fatto parte di me. Ho seguito tuttavia un percorso di studi classici, condizionata dall'impostazione tradizionale della mia famiglia. Sono entrata formalmente in contatto con il mondo della creatività soltanto nel momento in cui mi sono iscritta allo IED. Quando il regista di sfilate Romeo Conte ha scelto me ed altre due mie compagne di classe per realizzare la sfilata dello storico brand Fila, ho iniziato a credere nella mia vocazione artistica e ho finalmente deciso che quella sarebbe stata la mia strada. Ho quindi frequentato una scuola per diventare producer, mi sono dedicata alla grafica…ho sempre cercato di arricchire le mie conoscenze in ambito artistico. Non sono attratta dal mondo della moda in sé, ma dalla creatività più in generale, quella che sento vicina al mio essere, al di là dei trend del momento.
Cosa sogni per il tuo futuro?
Desidero continuare a fare ciò che mi piace con serenità. Non ambisco alle alte posizioni a discapito della tranquillità della mia vita. Vorrei continuare a viaggiare con mio marito e mio figlio, che ora ha quattro anni, senza essere travolta dalle logiche perverse del business della moda. Vorrei che le mie vacanze in giro per il mondo rimanessero un’occasione di piacere per andare alla scoperta spontanea di nuove culture e…di nuovi tessuti!