Ha scatenato un fiume di reazioni l'intervento del vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, sul tema dell'apertura domenicale e festiva dei negozi. Lunedì, con un post su Facebook in seguito alle polemiche sul caso dell'outlet di Serravalle Scrivia, nell'Alessandrino, aperto il giorno di Pasqua, Di Maio aveva sostenuto che "le liberalizzazioni sfrenate hanno fallito, dovevano essere il volano dell'economia, ci stanno rendendo più poveri".
"Non è solo una questione economica - sottolineava il parlamentare M5s - Ma di serenità familiare e di felicità personale. In questi giorni si discute degli orari di lavoro dei dipendenti dei centri commerciali, ed è giusto ricordare che anche i commercianti delle città italiane insieme ai loro dipendenti ormai sono costretti ad inseguire questo ritmo forsennato di lavoro, dettato dai megastore. Con l'eliminazione degli orari di chiusura degli esercizi commerciali ad opera di Monti e del Pd, si sono messe in competizione piccole botteghe e grandi centri commerciali, ognuno può restare aperto quanto vuole, scatenando una concorrenza al ribasso che ha ottenuto come unico risultato lo sfaldamento del nucleo familiare del negoziante e dei dipendenti, lontani dalla famiglia 7 giorni su 7. L'effetto sugli incassi è stato praticamente nullo, si sono spalmati gli stessi introiti su 7 giorni. Ma la qualità della loro vita è ulteriormente precipitata".
L'invito era quindi quello di approvare velocemente la legge, presentata dal M5s tre anni fa e già licenziata dalla Camera, "sugli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, che cerca di ridare dignità a dipendenti ed esercenti. Una Legge promossa addirittura dalla Conferenza Episcopale Italiana e che istituisce giorni obbligatori di chiusura a settimana, riavvicinandosi a quello che accadeva prima. Il Partito Democratico la tiene bloccata al Senato e non ci permette di approvarla definitivamente".
Immediate sono arrivate le repliche, a partire da quella del senatore e sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, promotore di Forza Europa: "Non sarà il rimpianto del bel mondo antico a dare all'Italia nuove opportunità di crescita e occupazione. Ma c'è un sottofondo classista nella richiesta di chiusura domenicale dei centri commerciali: sono le famiglie dei lavoratori, impiegati ed operai, quelle che più delle altre usufruiscono dei servizi dei centri commerciali nei giorni festivi; servizi e prodotti offerti a costi concorrenziali che, a loro volta, portano in Italia come altrove maggiore occupazione e buste paga più pesanti per chi decide liberamente di lavorare nei giorni festivi".
La replica a Libero: "Tutti bravi a fare liberali con soldi italiani" - "Stamattina Libero mi attacca in prima pagina per aver detto che le liberalizzazioni sfrenate degli orari di apertura e chiusura non hanno aiutato i negozianti, ma hanno solo sfaldato le loro famiglie senza portare aumenti negli incassi", ha scritto Di Maio su Facebook". !Al direttore di Libero dico che prima di fare l'iperliberista deve restituire i soldi del finanziamento pubblico che ha preso il suo giornale. Soldi che non gli hanno impedito di perdere copie. Siamo tutti bravi a fare i liberali con i soldi degli italiani", ha proseguito l'esponente M5s.
Per Andrea Mazziotti, deputato di Civici e Innovatori e presidente della Commissione Affari Costituzionali di Montecitorio, poi, "Di Maio, senza citare un solo dato concreto, ha attaccato le liberalizzazioni del commercio, ha sostenuto che hanno causato lo sfaldamento delle famiglie dei commercianti e dei dipendenti e ha finito per citare pure la Conferenza Episcopale Italiana. Come se crisi della famiglia e della religione dipendessero dagli orari dei negozi. Il M5s quando parla di servizi di qualsiasi tipo (taxi, commercio, servizi pubblici, trasporto locale) interviene sempre solo a favore delle categorie che li forniscono, ignorando totalmente l'interesse dei consumatori, che sono i veri beneficiari delle liberalizzazioni".
Per Gianfranco Librandi, deputato di Civici e Innovatori, invece, Di Maio "ha preso una cantonata", perché la legge citata dal vicepresidente della Camera "prevede 6 chiusure all'anno da scegliere in in calendario di dodici festività. Si tratta evidentemente di una proposta di natura e ratio completamente diversa da quanto racconta Di Maio. Quando si parla di obblighi e divieti, forse sarebbe il caso di introdurre prima un obbligo di studio per i parlamentari che rilasciano dichiarazioni".