Sperimentazione e ricercatezza dei tessuti, geometria ed essenzialità dei volumi, centralità dei colori, originalità degli accostamenti: queste le cifre stilistiche che rendono unico e prezioso ogni capo di Gianluca Capannolo, in un singolare mix tra moda e arte, pura sartorialità italiana e innovazione creativa.
Lo stilista aquilano Gianluca Capannolo mi riceve nel suo showroom in via San Maurilio, nel salotto elegante della vecchia Milano. Gli abiti della nuova collezione autunno-inverno 2017 adornano quello spazio bianco dalle volte affrescate come vere opere d’arte.
Un bagaglio di esperienze ricco e multiforme presso le più altisonanti maison di haute couture: Bagutta, Fratelli Rossetti, Maurizio Pecoraro, Lancetti, Krizia… Nel 2004 la nascita del brand Gianluca Capannolo, un progetto personale che riflette il carattere poliedrico del suo ideatore e il suo naturale distacco dalle logiche della globalizzazione.
Gianluca, come è iniziato il tuo percorso nel mondo della moda?
Mi sono diplomato all’Accademia internazionale di Alta Moda a Roma e, subito dopo, sono approdato a Milano, la città simbolo per eccellenza del settore. Mi sono adattato ai lavori più disparati, che però mi hanno portato a raggiungere quello che, sin dall’inizio, è sempre stato il mio unico obiettivo. In quel periodo, infatti, è incominciata anche la mia collaborazione con il giovane stilista Lambros Milona. Soltanto un paio di anni dopo sono diventato l’assistente di Maurizio Pecoraro. Questa esperienza è durata tre anni, fino a quando, ad un certo punto, ho realizzato che quel mondo non mi apparteneva più e sono partito per un viaggio, zaino in spalla, in Sud America. E’ stato per me un anno di rinascita e di riscoperta. Ma la mia vocazione è tornata a galla: mi sono ritrovato a lavorare l’alpaca in Perù e a realizzare dei capi che venivano poi venduti in Italia. Ho così deciso di dare vita alla mia prima collezione personale…ero partito per cambiare vita e sono tornato per complicarmela! La tua carriera è costellata di collaborazioni e ruoli importanti per i grandi nomi della moda. Sei stato, solo a titolo di esempio, direttore creativo di Krizia e di Lancetti.
Cosa porti con te di queste esperienze?
Durante le mie consulenze m’interessa sempre capire il metodo di lavoro delle grandi aziende. Trovo inoltre molto stimolante visitare i loro archivi. Ricordo ancora l’emozione di quando abbiamo tirato fuori dagli scatoloni gli abiti plissé di Krizia, che avevo visto pubblicati sulle riviste quando ero bambino…e poi i ricami di Lancetti, i suoi pezzi più pregiati. Porto dentro di me naturalmente anche dei ricordi personali, il mio rapporto con Mariuccia Mandelli, i viaggi insieme, le condivisioni piacevoli, ma anche i momenti più duri, che comunque mi sono serviti per fortificarmi. Ho tuttavia mantenuto sempre il mio DNA riconoscibile, al di là di qualsiasi contaminazione. In realtà non mi sforzo per ottenere questo risultato: io sono così, è la mia creatività che spontaneamente si manifesta.
Quali sono le principali caratteristiche che contraddistinguono le tue creazioni?
Innanzitutto i volumi. Adoro la geometria, intesa come geometria creativa, mentre detesto i numeri. I miei abiti derivano da un incastro di forme, a partire dalle più primitive, come il quadrato, il cerchio, il rombo…l’unione e la mescolanza di queste figure dà luogo a linee esclusive ed originali. Un altro punto di forza sono senz’altro i colori: accesi, decisi, definiti…verde, turchese, blu, cobalto, rosso, arancio, oro e argento, solo per citare alcune delle innumerevoli tonalità di una palette cromatica dalle mille sfaccettature, che m’incanta e mi seduce. E poi sono un cultore dei tessuti, adoro la rivisitazione delle trame classiche. Ciò che differenzia le cose tra di loro è proprio la materia di cui esse sono fatte. Nelle mie creazioni cerco di sovvertire le impostazioni e gli accostamenti tradizionali. Qualche stagione fa ho utilizzato la lycra dei costumi da bagno, l’ho laminata e quindi accoppiata: il risultato è stato un macro-macramè dall’effetto dorato. Nella collezione FW17 ho introdotto le piume, la ciniglia, l’ecopelliccia, la lana laccata…mi piace stravolgere il tessuto per farlo mio, personalizzarlo e renderlo speciale.
© ufficio-stampa
Foto di Francesca Partesi
Qual è la figura femminile che immagini quando disegni i tuoi abiti?
La figura femminile che ho in mente la sto ancora cercando! In realtà penso al vestito come ad un oggetto appeso ad un manichino, che deve suscitare desiderio profondo nella donna che lo osserva. Soltanto l’emozione, quella vera, spinge una donna all’acquisto. Riconosco comunque che i miei abiti si adattino perfettamente a delle corporature esili. La mia idea è quella di un volume fluttuante, che accarezzi una silhouette minuta. Ritengo che sia molto sensuale intravedere il corpo in movimento, attraverso forme ampie e geometriche. Nella mia nuova collezione propongo un vestito lungo, di un blu intenso, completamente in seta, che riproduce un quadrato perfetto…quando entra in contatto con il corpo femminile assume una forma divina! Ciò che anima i miei capi è il movimento della donna che lo indossa, la sua classe, il suo portamento, la sua naturale eleganza.
Quali sono le fonti d’ispirazione della tua incontenibile creatività?
Tutto ciò che è figurativo e che riconosco come più grande di me può rappresentare una fonte d’ispirazione: un’esposizione, una mostra, un’opera architettonica. Sono un appassionato d’arte. Oltre la moda, mi dedico anche alla pittura, il mio primo amore. Quando dipingo non incontro nessun limite, non esistono compromessi dettati dalle logiche di vendita. Penso che la vera creatività non debba avere confini. E poi m’ispirano i viaggi, il contatto diretto con le popolazioni indigene dei Paesi lontani, che vivono ancora secondo la propria cultura e le proprie tradizioni più autentiche. Purtroppo ai nostri giorni le logiche commerciali e le sovrastrutture turistiche stanno avendo il sopravvento sulla genuinità dei popoli. Questo appiattimento ci rende più anonimi. Infatti oggi si avverte sempre più il bisogno di distinguersi dagli altri ed ecco il dilagare di tatuaggi, piercing, capelli colorati…nel tentativo di essere diversi, diventiamo tutti uguali. Credo invece che la cosa più speciale, in questo momento storico, sia la normalità.
Un desiderio che vorresti veder realizzato nel tuo futuro?
I sogni che si devono avverare sarebbero tanti e il percorso ancora molto lungo. Tuttavia, in questo decennio, si è affacciata sul mercato una quantità enorme di nuovi designer. In questo panorama è complicato emergere ed affermarsi, come invece è stato possibile ai tempi dei grandi stilisti che hanno fatto davvero la moda. Penso a nomi di riferimento del settore come Giorgio Armani, Gianfranco Ferré, Krizia… Ai nostri giorni, credo di essere uno dei pochi stilisti che si autofinanziano, si autoproducono e si autodistribuiscono. Seguo tutto in prima persona, dalla scelta ed acquisto dei tessuti, sino all’ultimo anello della catena distributiva. La mia è una piccola realtà, la cui dimensione fuoriesce dal normale rituale delle collezioni delle grandi aziende, e come tale ho interesse a custodirla e proteggerla dalla globalizzazione. Questo è tutto ciò che voglio davvero e che mi piace. La crescita porterebbe con sé un’evoluzione un po’ ambiziosa…ma, se tutto quello che ho mi basta e mi rende felice, perché cercare altro?