Si intitola "Il secondo cuore" il nuovo album di Paola Turci nei negozi da oggi. Dieci brani, tra cui "Fatti bella per te" e la cover di "Un'emozione da poco", presentate a Sanremo, che vedono la collaborazione di artisti come Enzo Avitabile, Niccolò Agliardi e Fink. "Il mio secondo cuore è il luogo altro della musica - dice lei a Tgcom24 -, quello della creatività, dove amo stare. Oggi mi sento bene: leggera come nei miei 20 anni".
"Il secondo cuore" è un album a 360°, che mostra con chiarezza la Paola Turci attuale: grintosa, determinata ma al tempo stesso serena. C'è del rock modernizzato da sprazzi di elettronica (grazie alla mano del produttore Luca Chiaravalli), c'è una canzone che riporta alle radici romane come "Ma dimme te" (con un recitativo di Marco Giallini) e c'è anche un tocco internazionale nella sorprendente "Sublime" (si può leggerlo sia all'italiana che all'inglese), un suadente brano dalle atmosfere black scritto insieme a Fink. "Sono una sua fan da sempre - spiega Paola -. L'avevo incontrato un paio di anni fa in occasione di un suo concerto a Roma. Un giorno ero in studio con Luca Chiaravalli e lui mi dice che sta ascoltando il disco di questo autore che adora e che qui non conosce nessuno. Ed era proprio Fink. L'ho chiamato subito! Così è venuto a Roma e in due giorni abbiamo fatto tutto: il primo giorno abbiamo scritto il pezzo, il secondo l'abbiamo registrato".
"Ma dimme te" cantata in romanesco e "Sublime" così internazionale: sono gli estremi di un album molto eterogeneo...
Tra l'altro il brano con Giallini è stato il primo che ho scritto mentre quello con Fink l'ultimo. Come a chiudere un cerchio all'interno del quale ci sta un po' di tutto. Quelli di queste canzoni sono due mondi che si trovano e stanno insieme perché l'eterogeneità è una mia caratteristica da sempre: fare sempre la stessa cosa mi annoia a morte.
Ma un disco tutto di canzoni in romanesco lo faresti?
Confesso che l'idea mi affascina moltissimo. Questa canzone per me è stata una rivelazione. Chissà...
Fink e Giallini ma anche molti altri. Questo è un disco che nasce da una serie di incontri...
Sì, e tutti arrivati senza forzature, non ci sono state cose progettate a tavolino. Da questi scambi di idee, di momenti insieme, è scaturita la voglia di scrivere qualcosa avendo solo un punto fermo: la mia storia. Qui ci sono io che racconto me stessa. Per questo sono collaboratrice di tutte le canzoni: in questo lavoro si è annullata la distanza tra autore e interprete che c'era stata in altre occasioni.
La collaborazione con Enzo Avitabile sembra particolarmente centrale. Come è nato l'incontro tra voi due?
Con Enzo è successa una cosa strana: era uscito il suo disco "Lotto infinito" e il film "Abbi pietà di noi". Ho sentito una canzone che mi ha incuriosito e ho voluto ascoltare il suo lavoro con molta attenzione. E' stata una cosa folgorante. Di getto ho scritto un tweet per esprimere la gioia di avere ascoltato un disco capolavoro. E lo stesso giorno lui mi ha cercata per farmi tutta una serie di complimenti e dichiarazioni di affetto. A quel punto gli ho detto che la cosa migliore che potesse fare era scrivermi un testo. Ed è arrivato "Il secondo cuore".
Così importante che ha dato il titolo a tutto il lavoro.
E pensa che è l'unica canzone di cui non ho toccato il testo. E' stata pazzesca perché mi ha dato esattamente la definizione di quel posto dove amo stare, che è il luogo altro della musica, della creatività. Mi ha così colpito che ho voluto mettere quella frase in un'altra canzone, "La vita che ho deciso", e titolarci l'album. Ovviamente per prima di farlo ho chiesto il permesso a Enzo e lui mi ha risposto: "Quello che è mio è tuo". Quale dichiarazione d'amore più grande?
Nel 2014 hai scritto la tua autobiografia "Mi amerò lo stesso" e poi l'hai portata in teatro come monologo. Quest'album è figlio di quell'esperienza?
Nasce da quell'idea. A partire da "Fatti bella per te", che è quella frase che Giulia Anania ha scritto dopo aver visto il monologo. La frase "mi amerò lo stesso", in un modo o nell'altro, è dentro ogni canzone. Quel lavoro ha slegato la voglia di scrivere di quel tema.
E' evidente che da qualche anno stai vivendo un momento molto sereno. C'è stato un momento di svolta che ti ha portato a questo?
La chiave che ha aperto la porta giusta è stata la decisione di scrivere il libro. L'idea di pubblicarlo mi metteva parecchia tensione perché mi ero aperta come mai prima d'ora. Agli altri, ma soprattutto a me stessa.
Poi è arrivato il teatro...
Con il monologo ho fatto un passo ancora più lungo. E' entrato in gioco anche il corpo perché richiedeva una preparazione, una certa forma fisica. così ho lavorato duro, tra diete e palestre. Il sogno era quello di tornare ai miei 20 anni pur avendone 52. E dopo lo spettacolo in teatro sentivo che le cose si stavano mettendo a posto. Mi sentivo leggera. Ho ritrovato davvero i miei 20 anni, in modo quasi miracoloso.
Anche la copertina senza veli di "Vanity Fair" fa parte di questo percorso?
Esatto. Certo, con la quarta di reggiseno non avrei fatto quelle foto. C'è stata la possibilità di fare un servizio fotografico che esprimesse una femminilità e l'ho fatto volentieri.
Nel 2002 avevi fatto un servizio analogo, in topless, per "Max". Quindici anni dopo la Paola davanti alla macchina fotografica era diversa?
Anche in quel periodo ero in pace con il mio corpo. Io sono sempre stata molto libera, anche perché la mia fisicità è discreta, mi vedo bene in quel tipo di situazione per esprimere la mia femminilità. Però la differenza è evidente guardando le foto. In quelle c'era una specie di ostentazione della grinta, della forza, della sessualità. E c'era più ingenuità. Oggi non c'è più uno sguardo ammiccante, ma uno sguardo consapevole. Che è molto diverso.