"non ho paura"

Mafia Capitale, Carminati: solo contro tutti, la guerra non è finita

L'ex estremista neofascista dal carcere di Parma: "Avevo contatti con la banda della Magliana ma non ne facevo parte. Mai avuto niente a che fare con il traffico di droga"

"Non è una novità che ero in guerra e a quanto pare la guerra con il mondo non è finita, come vede sono l'unico al 41 bis in attesa di giudizio". Lo ha detto Massimo Carminati nel suo interrogatorio dal carcere di Parma nel processo a Mafia capitale. L'ex Nar (Nuclei armati rivoluzionari) è tornato sul suo passato circa le sue intercettazioni relative alla Banda della Magliana. "Io posso stare solo contro tutti - ha aggiunto - a me non fa paura".

Contatti con la Magliana - "Avevo contatti con la banda della Magliana, ma non ne facevo parte - dice l'ex estremista di destra -. Il 'Negro', Franco Giuseppucci, unico vero capo del gruppo, lo conoscevo da una vita, ben prima dell'esistenza della banda, perché abitava di fronte a casa mia".

"Loro però trafficavano la droga che a me non è mai interessata, tanto è vero che io sono stato condannato solo per le armi sotto il ministero della Sanità, che hanno detto riconducibili a me. Anche i pentiti della banda della Magliana hanno escluso il mio coinvolgimento nel traffico di droga, e io a questa cosa ci tengo".

"Mai avuto a che fare con la droga" - "Nel corso degli anni mi hanno accusato di tutto - riprende -. Diventai per il mondo l'anello mancante tra realtà politica e criminale. Signor giudice, io quando parlo metto sempre in preventivo che non sono una mammoletta, ma divenni la rappresentazione del genio del male e i giornali mi accollarono cose come il traffico di droga che io, per scelte personali, mai ho fatto e mai farò".

Carminati ricorda poi il giorno in cui fu ferito in uno scontro a fuoco con la Digos, il 21 aprile del 1981. "Gli uomini della Digos avevano organizzato un appostamento - racconta -. Ci hanno sparato come cani, sulla macchina sono stati trovati 145 colpi. Ci hanno sparato e basta, io ero dietro in macchina e non sono neanche sceso".

Poi però precisa di non voler fare recriminazioni. "Erano altri tempi, era giusto che andasse così in quel momento e non mi interessa neanche spiegare. Non mi sono costituito neanche parte civile". Poi, rivolgendosi a uno dei magistrati dell'accusa, Luca Tescaroli, definito "un buon nemico", ha aggiunto: "Lei non mi può smentire, sa come stanno le cose. Quelle erano le regole d'ingaggio a quei tempi. Punto. Non sono andato a lamentarmi, a piagnucolare. Mi sono fatto la mia galera, 40 interventi di ricostruzione".

"Quando finisce il processo querelo i giornali" - L'ex Nar avverte poi che "a processo finito mi dedicherò a tutti quei giornalisti che hanno detto e scritto inesattezze. Ci saranno centinaia di udienze al tribunale civile di Roma". Poi dice: "Non si tratta di una minaccia. Li minaccerò in tribunale, me ne occuperò lì, gli farò spendere tanti di quei soldi in avvocati che dovranno mettersi in ginocchio. Magari perdo, ma gli avvocati dovranno pagarli". Poi però aggiunge: "Rispetto alcuni organi di stampa. Io sono coraggioso, loro, i giornalisti, no. Non parlano mai dei loro padroni. Io rispetto Report e Il fatto, perché loro massacrano Carminati, ma poi massacrano tutti".