Si chiama Gianmarco Ceccani l'amico di Emanuele Morganti, l'unico che, quella notte maledetta, cercò di salvare il giovane dalla folle violenza di un pestaggio che lo avrebbe ucciso. "Mi sono buttato sul suo corpo per proteggerlo - ha detto al nonno prima di chiudersi in un disperato mutismo - ma non è bastato. E non me lo perdono".
Quando Gianmarco ha raggiunto Emanuele, ha detto a nonno Silvio, "quelli lo stavano già massacrando", scrive il "Corriere della Sera". "Stava lì, per terra, quasi non si muoveva". Gianmarco ha provato a salvarlo. Ma era già troppo tardi. Il giovane ai carabinieri ha detto anche quello che ha visto prima che Emanuele cadesse: qualcuno che lo colpiva da dietro con un pugno alla testa, facendogli sbattere il capo su una macchina. Poi, la caduta a terra, ormai senza sensi.
Il tentativo estremo di aiutarlo, inutile. Perché qualcuno lo ha sollevato di peso, racconta ancora l'amico, mentre gli altri hanno ripreso a pestare Emanuele. Una scena "orribile - ha detto al nonno -. Ci conoscevamo fin da quando eravamo bambini, andavamo a scuola insieme. Venerdì mattina era venuto a prendere il caffè da me, nel nostro bar. Volevo salvarlo e non ci sono riuscito".
Lo sfogo: "Infamia inaccettabile" - Ceccani poi si è sfogato su Facebook. "Non riesco a darmi una ragione, non può essere vero. È inaccettabile tanta infamia, sto soffrendo troppo, ho il cuore a pezzi. Sono nato per soffrire... Cosa devo passare ancora? Perché deve essere così crudele la vita?", ha scritto.