Il fatto che Scotland Yard conosca l'identità dell'attentatore di Londra ma che abbia per ora preferito non rivelarla - probabilmente anche per non bruciarsi i blitz che hanno portato a diversi arresti nelle ore seguenti - non significa che a Londra non vi sia una vera e propria rete collegata alla jihad. Prendiamo ad esempio Abu Izzadeen l'uomo conosciuto alle forze dell'ordine per le sue idee radicalizzate, tanto da essere definito un predicatore d'odio, finito già nel mirino dell'antiterrorismo britannico. Molti siti, britannici e non, hanno subito pensato a lui vista anche la somiglianza con le foto diffuse dell'attentatore di Londra. D'altronde il suo è il tipico profilo che esprime vicinanza al mondo pericoloso dei radicalizzati. Figura che si esprime anche nelle sue "frequentazioni" online: il suo account Twitter, non più accessibile, mostra infatti la sua vicinanza al mondo della jihad.
Un account "pro-jihad" - Non sorprende quindi che dal suo profilo, che conta 176 follower, risulti che Abu Izzadeen seguisse circa 22 account, tutti legati in qualche modo all'integralismo islamico o alla guerra in corso in Siria e Iraq. Le immagini di profilo degli account mostrano infatti bandiere dell'Isis, combattenti armati e "martiri" della guerra santa.
D'altra parte, le idee del 44enne non sono un mistero, dato che in passato era finito in carcere per aver raccolto fondi per organizzazioni terroristiche. Secondo i media inglesi avrebbe inoltre tentato nel 2012 di raggiungere la Siria per combattere al fianco degli jihadisti.
Abu Izzadeen risulta iscritto su Twitter dal 2012 e proprio tra la sua comparsa online e il 2014 si registrerebbe i maggiori contatti sul social network: la maggior parte degli account seguiti dall'uomo risultano infatti non più attivi da fine 2014, anno in cui lo Stato Islamico diventa una forza preponderante nella guerra civile siriana e anno nel quale, probabilmente, le modalità di proselitismo degli integralisti si fanno più "raffinate" e schermate.
D'altra parte se l'avvocato di Abu ha smentito che possa essere lui l'attentatore perché si troverebbe tutt'ora in carcere, le sue frequentazioni online dimostrano comunque che c'è una rete dietro queste figure radicalizzate che nel web trovano linfa e - nei casi estremi, come dimostrano le indagini sull'attacco a Westminster che portano a siti web e chat - addirittura "istruzioni per l'uso" nel confezionare attentati.