Sul web Matteo Farina è già “beato”. Morto a Brindisi il 24 aprile del 2009 a soli 19 anni, dopo aver perso la sua battaglia contro un tumore al cervello è diventato un esempio e un riferimento per tanti giovani. L’inchiesta per stabilire se Matteo possa essere iscritto nella lista dei beati si concluderà il prossimo 24 aprile quando la Curia affiderà al Vaticano tutta la documentazione. Il giudizio arriverà solo dopo la verifica delle carte e delle testimonianze.
La malattia - I primi segni della malattia si sono manifestati nel settembre del 2003: forti attacchi di mal di testa e problemi alla vista. In quel periodo Matteo iniziò a scrivere un diario perché sperava di “riuscire a dare gioia e forza a chi ne ha bisogno”, definendo quello che stava vivendo come “una di quelle avventure che cambiano la tua vita e quella degli altri. Ti aiuta ad essere più forte e a crescere, soprattutto, nella fede (…) Questo è il diario di un bambino tredicenne in un’esperienza spettacolare (…). Ed è proprio il bello di questa avventura: sembra un sogno, ma è tutto vero”. Anche nella malattia il giovane non perde la forza e la speranza e non rinuncia mai alla recita quotidiana del Rosario.
Uno sguardo aperto al mondo - Seppure malato Matteo decise di continuare la scuola e nello studio metteva passione e dedizione: eccelleva in tutte le materie. Ma non solo, a lui stava a cuore anche il rapporto con i suoi compagni e con gli amici. Nel suo diario in quel periodo scriveva: “Mi piacerebbe riuscire ad integrarmi con i miei coetanei senza essere però costretto a imitarli negli sbagli. Vorrei sentirmi più partecipe nel gruppo, senza però dover rinunciare ai miei principi cristiani. È difficile. Difficile ma non impossibile”. Attento a chi gli stava vicino ma anche lontano: creò un fondo per le missioni africane del Mozambico, nel quale non solo depositava i suoi risparmi, ma convinse i suoi familiari a rinunziare agli acquisti natalizi, commutandoli in offerta per i bisognosi dell’Africa.
L'ultimo periodo - Nel 2009 le sue condizioni si aggravano: una paralisi al braccio e alla gamba sinistra, conseguenza delle operazioni a cui era stato sottoposto. Pur costretto ad utilizzare la sedia a rotelle per muoversi, continuava a dimostrare tanta forza e, soprattutto, tanta fede. Nel suo diario si legge: “Dobbiamo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, ma non nella tristezza della morte, bensì nella gioia di essere pronti all’incontro con il Signore!”. Morì il 24 aprile del 2009. Da quel giorno il web pullula di pagine dedicate a lui con foto e citazioni dal suo diario e così in molti lo hanno definito un beato 4.0. Ma al di là dei social, quel che è certo è che la sua fede, il suo coraggio e la sua letizia, anche dentro la malattia, sono un esempio per tutti.