Nel 2016 brevetti italiani in crescita
Si tratta di una buona notizia, perché il numero dei brevetti registrati è uno dei principali indicatori per misurare l'attività innovativa di un Paese
Nel 2016 gli inventori italiani hanno presentato 4.166 richieste di brevetti. Il dato è positivo, anche perché conferma un'inversione di tendenza.
Nel 2016, l'EPO – ovvero l'Ufficio Brevetti Europeo, l'ente con sede a Monaco di Baviera che gestisce la procedura per l'ottenimento dei diritti di sfruttamento economico delle innovazioni nei 38 Paesi aderenti – ha ricevuto (complessivamente) circa 160mila domande, una parte delle quali (4.166 richieste di brevetti) è stata presentata dagli inventori italiani.
Quello italiano è un dato in crescita (+4,5% rispetto all'anno precedente) e in linea con quello relativo al 2015. Quando le richieste di brevetti italiane erano aumentate su base annua (+9%), dopo quattro anni consecutivi caratterizzati dal segno “meno”. Con una quota del 3% su tutte le domande presentate nel 2016, l'Italia è decima tra i Paesi per numero di richieste brevettuali presentate.
Anche allargando la prospettiva temporale, l'Italia occupa una posizione di rilievo per numero di brevetti registrati: un'analisi del sito howmuch.net rivela che, tra il 1977 e il 2015, il nostro Paese ne ha registrati 62.148. Poca cosa rispetto agli Stati Uniti, primi con oltre 3 milioni di brevetti, ma comunque abbastanza da permettere all'Italia di occupare la nona posizione nella classifica generale. L'incremento dei brevetti è un dato da accogliere positivamente – l'ISTAT osserva che il numero dei brevetti registrati è uno dei principali indicatori per misurare l'attività innovativa di un Paese –, anche perché le ricadute sul fronte occupazionale e della crescita economica non dovrebbero mancare.
Uno studio condotto dall'EPO e dall'Ufficio per la proprietà intellettuale dell'Unione europea (EUIPO) ha quantificato l'impatto dei diritti di proprietà intellettuale – l'elenco include i brevetti, disegni registrati e marchi – sull'economia dell'UE. L'analisi stima che oltre il 42% dell'attività economica totale, pari a circa 5.700 miliardi di euro, è generato dalle imprese ad alta densità di proprietà intellettuale, di queste aziende il 15,3% sfrutta i brevetti registrati.
Notevole anche il contributo occupazionale: il report calcola che le industrie altamente innovative hanno dato un impiego a circa 60 milioni di persone, pari a circa il 28% degli occupati complessivi dell'UE, un numero che sale fino a 82 milioni, se nel computo si includono i posti di lavoro generati indirettamente. Chi lavora nelle imprese ad alta densità di proprietà intellettuale percepisce anche salari più consistenti: lo stipendio medio è (mediamente) pari al 46% in più rispetto a quello riconosciuto ai lavoratori impiegati in altri settori, con punte che posso raggiungere circa il 70% in più per chi lavora in imprese ad alta incidenza di brevetti.
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