Assoluzione con formula piena perché quella notte la chiamata di reperibilità arrivò prima dell'orario consentito dal regolamento. E ora l'imputato, una vigilessa di Roma che non entrò in servizio la notte di Capodanno 2014 insieme ad altri 766 colleghi (628 di loro sommersero i comandi di polizia di certificati medici) è pronta a chiedere il risarcimento danni. Una sentenza-pilota che apre la strada agli altri 16 caschi bianchi rinviati a giudizio perché, secondo un decreto penale, "si resero irraggiungibili nonostante fossero nei turni di reperibilità". Un provvedimento - riportato da Il Messaggero - che fa discutere e che fa vacillare la maxi-inchiesta della Procura contro l'assenteismo di massa di San Silvestro.
Solo in cento furono i vigili in servizio in quella notte di Capodanno: fu una diserzione di massa (83%) che aveva il sapore di boicottaggio contro l'allora sindaco di Roma Ignazio Marino, il quale aveva appena introdotto la rotazione obbligatoria degli agenti. Il tam-tam partì sui social network e finì per gettare nel caos le strade della Capitale a San Silvestro.
La maxi-inchiesta che fu aperta prese avvio dagli accertamenti sui certificati medici: 22 sanitari finirono a processo. Dei 767 vigili assenti quel 31 dicembre, invece, in 7 furono indagati per truffa ma non arrivarono mai sul banco degli imputati.
Per altri 17 agenti, invece, la sorte fu diversa: "Rendendosi irraggiungibili nonostante fossero inclusi nei turni di reperibilità, si rifiutarono indebitamente di assumere servizio", come recita il decreto penale, che, impugnato dai vigili urbani in questione, diede inizio al processo.
E la prima imputata è stata assolta grazie a un cavillo del regolamento: la sua assenza ingiustificata avrebbe potuto costarle una condanna di 8 mesi. Strada aperta per gli altri suoi 16 colleghi, mentre la vigilessa assolta prepara le carte per denunciare il comandante della Municipale e chiedere i danni.