A FOGGIA

La Chiesa sapeva ma non "parlò", ex prete violenta 11 bambini

L'uomo era stato ridotto allo stato laicale nel 2012 per "delicta cum minoribus", ma la Congregazione decise di mantenere segreti i motivi dell'allontanamento

Torna in un'aula di tribunale Giovanni Trotta, ex prete ridotto allo stato laicale, già condannato nell'ottobre 2015 a 8 anni di reclusione per violenza sessuale su un bambino di 11 anni e finito nuovamente in carcere a giugno 2016 con accuse analoghe per reati commessi su una decina di bambini. Polemiche sulla decisione della Chiesa di allontanarlo, già nel 2012, senza però divulgarne i motivi, permettendo di fatto che l'uomo trovasse nuove vittime.

La riduzione allo stato laicale - Trotta, o don Gianni, come era conosciuto un tempo, era stato infatti ridotto allo stato laicale nel 2012 per "delicta cum minoribus", ma la Chiesa allora non divulgò i motivi dell'allontanamento, permettendo di fatto che l'uomo potesse in seguito allenare una squadra di calcio di giovanissimi.

Il silenzio per non dare "scandalo ai fedeli" - All'epoca la vicenda si "risolse" tutta internamente alla Curia. Le prime denunce arrivarono nel 2009 e, nel 2012, la Congregazione per la dottrina della fede decise la riduzione allo stato laicale. Nessuno però denunciò Trotta in procura e, in più, la Congregazione impose al vescovo di non divulgare le ragioni del suo allontanamento per non creare "scandalo ai fedeli".

Perché nessuno ha parlato quando don Trotta iniziò ad allenare una squadra di giovanissimi? - Ma è nella stessa decisione della Congregazione che si pone un limite alla riservatezza: ovvero nel caso in cui "se sussiste il pericolo di abuso per i minori, l'Ordinario può divulgare il fatto", si legge infatti nel provvedimento. Ma perché allora nessuno ha fatto niente quando don Trotta ha iniziato ad allenare la squadra di giovanissimi? A far esplodere lo scandalo per altro non sarà nemmeno l'associazione sportiva, che infatti decide l'allontanamento dell'allora allenatore Trotta per "motivi etici", ma senza denunciare nulla alla polizia. Sarà invece la denuncia di un padre a portare don Trotta al centro dell'indagine che gli costerà il carcere. 

I "non sapevo" della Curia - Nel frattempo nella Curia di Foggia è un rimpallo di responsabilità scanditi a suon di "non sapevo". L'allora vescovo monsignor Domenico Cornacchia rilancia infatti la palla: "Non era un presbitero diocesano, avrebbe dovuto controllare il suo superiore generale e provinciale".