Regeni, genitori: "Segnali da Egitto ma no reale collaborazione"
"Terribile morire piano, piano mentre si è ancora in vita", afferma Paola Deffendi, madre del ricercatore torturato e ucciso
"Ultimamente vediamo una lucina in fondo al tunnel, ma c'è ancora molto lavoro da fare perché l'autorità egiziana non sempre è stata collaborativa". Lo hanno detto i genitori di Giulio Regeni, a un anno dal rapimento del ricercatore torturato e ucciso. "Da qua a dire che c'è una reale cooperazione e un'apertura strabiliante assolutamente no", hanno ribadito. "La Procura di Roma sta lavorando tantissimo e per questo la ringraziamo", hanno aggiunto.
"Terribile morire piano, piano mentre si è in vita" - "Giulio ha capito: qua è la fine per me: morire pian pian in vita. E questo è terribile", ha raccontato poi Paola Deffendi, la mamma di Regeni, proseguendo sulla "paura che Giulio ha vissuto" durante le drammatiche torture. "Non è la paura di una persona codarda perché Giulio era in Egitto per andare incontro alle persone".
"Italia mandi segnali con ambasciatore e con F35" - Per i genitori del ragazzo "l'ambasciatore italiano non deve tornare in Egitto: si darebbe un segnale di distensione che non è il caso di dare". Paola e Claudio Regeni hanno sottolineato la distinzione fra piano diplomatico ed economico e hanno sottolineato l'importanza di ritirare l'ambasciatore italiano e non mandare in Egitto i pezzi di ricambio degli F35.
"Europa silente sul caso" - "Diciamo che abbiamo dovuto dare noi una stimolata all'Europa e all'europarlamento, c'erano troppi interessi. Finora l'Europa è stata silente, ma oggi ci è arrivata una lettera da parte di alcuni membri del Parlamento", hanno commentato i genitori di Regeni.
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