La violenza contro le donne ha tante forme e quella verbale ha trovato su Facebook uno strumento di propaganda veloce ed efficace: sul social network sono nati e vivono indisturbati diversi gruppi privati in cui uomini dall'ego ipertrofico e dal lessico sboccato, pubblicano foto rubate a ignare ragazze e le commentano in modo irriguardoso, istigando persino allo stupro.
Il fenomeno pare molto diffuso e ha almeno tre aspetti preoccupanti: le immagini oggetto di offesa appartengono a giovani donne che sono del tutto ignare di essere finite in tali gruppi. Studentesse, lavoratrici, persino minorenni che diventano il target di allusioni e commenti volgari e la cui unica colpa è avere pubblicato sui propri profili immagini in cui vengono ritratte in momenti di vita privata del tutto ordinari.
Il tono dei commenti è poi assolutamente inaccettabile: fantasie erotiche esplicite, commenti in cui si paventano umiliazioni sessuali e fisiche di ogni genere, epiteti oltraggiosi.
Infine la mancata censura da parte di Facebook. Spesso infatti, nonostante le segnalazioni di diversi utenti, i contenuti non vengono bloccati dal social network perché le immagini non sono lette dal sistema automatico di rilevamento come pornografiche.
Ad accendere i riflettori su questa vicenda è stata in questi giorni Arianna Drago, una giovane informatica che ha pubblicato sulla propria pagina Facebook un lungo appello che cominciava così:
"Oggi ho formalmente rotto il silenzio sull’esistenza di gruppi su Facebook che raccolgono normalissime foto di ragazze altrettanto normalissime, che le ritraggono in viso, o alla loro festa di laurea, o intente a fare shopping, rubate da utenti maniaci e messe alla mercé di uomini altrettanto maniaci, costellate di commenti che inneggiano allo stupro e all'umiliazione delle stesse. Alcuni di questi gruppi hanno anche più di 3000 iscritti l'uno, individui viscidi e violenti che spendono le loro vergognose adulazioni e minacce su donne ignare. Su questi gruppi alcune persone hanno riconosciuto loro conoscenti, parenti o fidanzate. Segnalare a facebook è inutile. Facebook e le sue policies sono incapaci di tutelare la violenza vera, quando invece battagliano e bannano “nomi finti” e “immagini politicamente scorrette” ".
Dopo il clamore suscitato dal post e l'intervento sull'argomento della presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, abbiamo intervistato Arianna Drago per ricostruire la vicenda e capire quale comportamento può tenere ogni utente Facebook per evitare casi di questo genere.
Come sei venuta a conoscenza di questi abusi?
Faccio una piccola premessa: non sono una vittima né conosco personalmente vittime coinvolte in questo caso di furto di fotografie ma nonostante questo mi è sembrato importante agire e denunciare quanto ho appreso da terze persone. Spesso siamo portati a intervenire solo quando vicende di questo tipo ci toccano ma non è il mio caso. Nella vita di tutti i giorni sono una consulente informatica ed è questo il motivo per il quale ho molta dimestichezza con il mondo virtuale. Tutto è nato dal fatto che una mia amica ha condiviso un post del blog "Maschio Beta" che descriveva già il fenomeno e chiedeva se qualcuno fosse esperto di denunce in questo ambito. Da quel momento ho letto quel sito e sono venuta a conoscenza del fatto che esistevano già circa 400 tra uomini e donne che si stavano attivando per scovare gruppi così offensivi e per sostenere le vittime.
Perché hai denunciato?
È inaccettabile che Facebook - piattaforma con 28 milioni di utenti solo in Italia e che dice a parole di voler combattere l’hate speech - usi poi la censura contro chi denuncia l'odio attraverso la pubblicazione di oscenità e violenza mentre non interviene nei confronti di chi lo mette in atto e se ne fa vanto. Sì, perché chi come me ha denunciato è stato bloccato da Facebook, mentre chi commette evidenti abusi contro le donne agisce indisturbato e non viene censurato in alcun modo. Mi sono resa conto che bisognava andare oltre la semplice presa di conoscenza del fenomeno. Di fatto però, la mi è stata una denuncia solo all'opinione pubblica: la polizia postale non può intervenire finché la denuncia non parte da una vittima. È per questo motivo che tutte le segnalazioni precedenti alla mia non avevano sortito molti effetti. A questo punto ho deciso di usare la mia popolarità sui social. Sapevo di essere seguita da tante persone, ma sinceramente non mi aspettavo questo polverone, anzi questa tempesta.
Come ti sei mossa?
Ho pubblicato un post lo scorso 12 gennaio e questo è diventato virale. A quel punto ho scritto una lettera alla presidente della Camera Laura Boldrini. Ho elencato le richieste e le indignazioni sia di uomini sia di donne e non credevo che lei mi avrebbe mai risposto. Invece mi ha fatto contattare tempestivamente dal suo staff e mi hanno aiutata pubblicando un suo appello online.
Ci descrivi cosa succede su questi gruppi Facebook?
Pubblicano immagini di ragazze normalissime e queste donne vengono insultate con insulti verbali e sessuali. Se un utente segnala la presenza di nudo e pornografia, non viene preso sul serio perché in effetti le foto non sono di nudo. C'è un Bot (un automatismo, ndr) a gestire queste segnalazioni e ragiona in modo automatico, credo. Se però su un gruppo ha ricevuto 800 segnalazioni, pure ritenute inutili, non c'è nessuno che si pone delle domande e fa un controllo umano?
Quanti sono i gruppi di questo tipo?
Tanti, troppi. Alcuni sono stati debellati grazie alle segnalazioni di massa. Alcuni sono stati chiusi dopo il 12 di gennaio, data del mio post. Prima della mia azione Facebook diceva che tali gruppi rispettavano le leggi della community. Oggi questo è cambiato. Probabilmente perché abbiamo "attivato" in modo corretto l'algoritmo che smista le segnalazioni di irregolarità oppure grazie all'intervento della Boldrini che ha accusato esplicitamente il social network di punire le persone sbagliate. Altri gruppi, infine, si sono autoeliminati per paura di ritorsioni.
Chi c'è dietro gli insulti che compaiono in tali gruppi Facebook?
Non so se si tratta di leoni da tastiera o di veri maniaci che usano le nostre foto per assecondare loro bisogni, ma in ogni caso si tratta di un chiarissimo disagio sociale. Molti utenti scrivono commenti oltraggiosi senza sapere più cosa sia una donna, una moglie, una amica. Il fatto nuovo e che deve far preoccupare di più è che spesso a compiere tali abusi sono persone delle quali ci fidiamo, che ci conoscono.
Quali effetti ci sono stati alla tua denuncia?
Adesso questa pratica schifosa è sotto gli occhi di tutti. Anche se a livello giuridico non si è potuto fare niente, a livello politico e culturale si può e si deve agire. Dobbiamo insegnare ai ragazzi a non mercificare le amiche, a non apostrofarle con epiteti pesantissimi, a non usarli nemmeno per scherzo.
Facebook non ti ha contattato?
No, ha dato una risposta su un quotidiano dicendo che si scusavano del disagio, dicendo che il bacino di utenza è immenso e che può capitare che scappino dal controllo situazioni come queste.
Quale risposta hai ricevuto? Hai subito minacce o insulti?
Ho ricevuto messaggi terrificanti da parte di alcuni uomini che si sono divertiti a scrivermi in privato, altri mi hanno scritto che i problemi dell'Italia sono altri e che dovremmo preoccuparci di cose più gravi, altri mi hanno ricordato che gli uomini vengono uccisi tanto quanto le donne e noi strumentalizziamo il femminicidio. Una persona mi ha scritto che il fatto era noto da tanto tempo e che mi stavo intestando la battaglia.
Che cosa chiedi a Facebook?
Una soluzione potrebbe essere quella di iniziare a dare un peso al numero di segnalazioni che arrivano con un controllo umano. Facebook ha la colpa di censurare alcuni contenuti innocenti e di non vedere altri contenuti offensivi semplicemente perché deve affinare il proprio sistema di controllo.
Quali sono i comportamenti corretti da tenere sui social network?
Ci dimentichiamo spesso che quando pubblichiamo delle nostre immagini accettiamo che non siano più nostre ma di dominio pubblico. Lo accettiamo nelle clausole proposte quando creiamo un nuovo profilo. La soluzione è quindi nel modo in cui si utilizza un certo social. Il problema è culturale, non di sistema. A questa consapevolezza va aggiunto il fatto che un certo lessico misogino va eliminato per sempre e combattuto, dentro e fuori dalle piattaforme online come Facebook.