VERSO LE URNE

Il Pd sfida il M5s sulla legge delle pensioni dei parlamentari

Lo scongelamento della proposta Richetti prevede per deputati e senatori l'obbligo di versare i contributi all'Inps come tutti i lavoratori

Renzi rilancia la battaglia dei vitalizi con la decisione di scongelare la proposta di legge del dem Matteo Richetti, finita nel dimenticatoio da oltre due anni. L'obiettivo è riportarla il prima possibile sui banchi del Parlamento per approvarla velocemente, sbarrando così la strada al M5s in materia di lotta ai privilegi. La riforma consiste nel trasferimento all'Inps della gestione della previdenza dei parlamentari, come funziona per tutti i lavoratori dipendenti.

Così facendo, si vanificherebbe il tentativo di tanti parlamentari di rimandare le elezioni al prossimo autunno per non perdere il diritto al vitalizio, che entra in vigore il 16 settembre alla scadenza dei 4 anni, 6 mesi e un giorno di contributi previsti dall'inizio della legislatura. Infatti, deputati e senatori frenano sul voto perché ben due su tre (438 su 630 deputati e 191 senatori su 315) sono alla loro prima esperienza e se il loro mandato si chiudesse entro settembre, non avrebbero diritto al vitalizio. Oltretutto, corrererebbero il rischio di perdere anche i contributi versati in questi anni, se non venissero rieletti alle prossime elezioni. Troppo alta la posta in gioca, insomma.

Proprio per questo, per non allungare la vita a questa legislatura e per battere i 5stelle sul terreno dell' "antipolitica", è nell'interesse assoluto dei dem rispolverare in fretta la proposta Richetti e farla approvare dalla maggioranza di cui godono ancora.

Il disegno di legge in concreto La proposta di legge Richetti prevede, oltre all'abolizione del vitalizio, una radicale revisione dell'attuale disciplina previdenziale dei parlamentari. Verrebbe, appunto, istituita presso l'Inps una gestione precisa dei contributi degli eletti, compresi i consiglieri regionali e gli ex parlamentari. Inoltre, il disegno stabilisce l'accesso alla pensione a coloro che hanno esercitato il mandato per almeno cinque anni. La novità determinante per le sorti della legislatura sarà la possibilità di computare come anno intero, ai fini della maturazione del diritto anche le frazioni di anno superiori a sei mesi. In pratica, considerando il quadro attuale, per avere diritto alla pensione sarà sufficiente restare in Parlamento fino al prossimo primo luglio e poi versare i contributi per i restanti 179 giorni non coperti dal mandato.