Omicidio 17enne al Rione Sanità, quattro arresti a Napoli
Vittima innocente di una sparatoria tra famiglie camorristiche rivali, in un raid ordinato dal boss Lo Russo, che ha poi deciso di collaborare con i giudici
Quattro arresti a Napoli per l'omicidio di Gennaro Cesarano, il 17enne ucciso il 6 settembre 2015 in Piazza San Vincenzo, nel Rione Sanità. Inizialmente si era pensato che il giovane fosse legato alla criminalità organizzata; ora però, anche grazie alla collaborazione del boss pentito Carmine Lo Russo, è emerso che il ragazzo fu la vittima innocente di una sparatoria fra famiglie camorristiche rivali.
Pochi giorni dopo l'omicidio il padre del giovane, Antonio Cesarano, aveva sostenuto che "il mio Genny stava solo realizzando i suoi sogni, non c'entra nulla con la camorra, lui era un angelo. E' capitato a lui ma sarebbe potuto succedere a qualcun altro. Perché quelle sparatorie sono cose gravissime ma per noi, in quel quartiere come in altri quartieri di Napoli abbandonati dallo Stato, sono cose normali".
L'uomo aveva anche rivolto un appello ai killer: "Costituitevi, è il minimo che potete fare per tutto il dolore che avete causato. Chi quella notte ha visto o ha sentito qualcosa deve andare in questura".
Ucciso in un raid ordinato dal boss Lo Russo - Quella sparatoria era stata una ritorsione organizzata dal boss Carlo Lo Russo dopo una "stesa" organizzata dal boss rivale, Pierino Esposito, nel "suo" territorio di Milano, quartiere a nord di Napoli. E' stato lo stesso Lo Russo, mandante della spedizione punitiva, che lo ha spiegato agli inquirenti, dopo aver deciso di collaborare con la giustizia. In seguito alle sue dichiarazioni e ad altri riscontri investigativi sono state emesse le quattro ordinanze di custodia.
I destinatari delle ordinanze, che si trovavano già in carcere per altri reati, sono Antonio Buono, Luigi Cutarelli, Ciro Perfetto e Mariano Torre. Durante il raid furono esplosi 24 colpi di pistola con almeno tre diverse armi. Gli aggressori spararono all'impazzata senza avere la certezza che tra quel gruppo di ragazzi che si intratteneva in strada vi fossero esponenti del clan rivale.
Le indagini sulla vicenda sono state coordinate dai pm della Dda Henry John Woodcock ed Enrica Parascandolo e dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice.
Il procuratore e il questore: troppi silenzi su quella morte - La scarsa collaborazione offerta dai cittadini alle indagini sul caso di Genny è stata messa in evidenza dal procuratore Giovanni Colangelo e dal questore Guido Marino. Colangelo si è soffermato sul delitto "che ha scosso le nostre coscienze" sottolineando la reticenza dei testimoni. "Non chiedo alla gente atti di eroismo ma ai cittadini atti di quotidiana ordinaria legalità". E il questore: "I ragazzi che erano con la vittima li abbiamo dovuti snidare". Ha detto che in qualche caso c'è stata una "spregevole reticenza".
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