Molti l'hanno definita una "guerra psicologica" portata avanti con un'efferatezza "silenziosa" ma letale, in grado di determinare i destini delle nazioni almeno quanto gli scontri fra gli eserciti. Stiamo parlando della propaganda, che durante la Seconda guerra mondiale conobbe uno sviluppo inedito tale che, in alcuni Paesi più che in altri, estese il suo effetto ben oltre il 1945. Se da un lato la propaganda ha indubbiamente contribuito a esaltare (o mascherare) le atrocità del conflitto e delle derive totalitaristiche, dall'altro ha prodotto autentici capolavori artistici. Tra questi, i più apprezzati sono forse i manifesti di reclutamento di uomini nei vari eserciti nazionali.
Dagli Stati Uniti al Giappone, dal Canada all'Unione sovietica passando per la Gran Bretagna e la Germania: i manifesti propagandistici sono stati raccolti in un libro, intitolato World War Two Posters, da David Pollack. Fra tutti il più celebre è senza dubbio l'americanissimo "I want you" dello Zio Sam: l'illustrazione realizzata da James Montgomery Flagg risale al 1917, ai tempi della discesa in campo degli Stati Uniti nella Prima guerra mondiale. Ispirata nella posa a un analogo poster inglese del 1914, in cui fu ritratto il generale Horatio Herbert Kitchener, la figura dello Zio Sam fu in realtà introdotta per la prima volta più di un secolo prima, nel 1812, in occasione della guerra anglo-americana.
Altri manifesti, come quello britannico raffigurante Winston Churchill, rimandano invece alla forza della coesione all'interno della nazione e tra le nazioni alleate per sconfiggere il nemico. "Let us go forward together", recita il poster: "Fateci andare avanti insieme". Il messaggio racchiude anche una spinta al sacrificio per sostenere l'immane sforzo bellico.
L'arma della propaganda - L'intento delle campagne di reclutamento era chiaro: arruolare quanti più uomini possibile e "motivarli" a difendere la loro patria. Da qui le composizioni "esagerate" dei manifesti, in cui la prospettiva e lo sguardo "obliquo" rompono la parete tra immagine e lettore, coinvolgendolo emotivamente. Il messaggio viene "sparato" direttamente dal dito dello zio Sam verso i nostri occhi. "La storia siamo noi" in pratica: tutti si sentono protagonisti, tutti possono diventare attori delle guerra.