IL NUOVO ALBUM

Neffa è tornato e canta in napoletano: "Con AmarAmmore realizzo un sogno e torno alle origini"

A sei anni dall'ultimo disco l'artista di origini campane "debutta" con un disco tutto in dialetto

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Da anni Neffa coltivava il desiderio di realizzare un disco in napoletano. Un modo per rendere omaggio alle sue origini, lui di sangue campano (mamma di Scafati, babbo di Napoli), cresciuto a Bologna. E dopo sei anni dall'ultimo album, il desiderio è diventato realtà: il 2 aprile è uscito "AmarAmmore" (Numero Uno), anticipato dal singolo "Aggio Perzo 'O Suonno" con Coez. Un disco tutto cantato nella lingua principe della canzone italiana, che prende il via dalle influenze di Renato Carosone, passa per gli ascolti di Roberto Murolo e Pino Daniele e arriva fino alla musica rap e trap di oggi.

"Da piccolo mi davano del terrone o del marocchino e non capivo, ma quando ho scoperto la potenza artistica delle mie origini, non ce n'è stato più per nessuno". 
 Con la consapevolezza che lingue e dialetti si evolvono e che il classico può essere riletto con il moderno "AmarAmmore" è un tuffo nelle origini per guardare al futuro e fondere generi diversi, che hanno modellato e cesellato lo stesso Neffa, a partire dal rap. 

."Nel tempo si è creata la falsa idea che io schifi il rap e il mio passato. Non è affatto così, mi ha regalato tanto e quello che sono oggi, lo sono anche grazie a quelle esperienze. Come tutto quello che succede nella vita, anche gli errori. Mi sono allontanato dal rap per fare altro, è un ritmo che mi piace ancora anche se non mi ritrovo tanto con i testi: quando lo facevo io le parole avevano un peso diverso". Anche per questo nel nuovo disco ha chiamato a collaborare solo rapper: oltre Coez (l'unico non campano, se non di nascita), ci sono Livio Cori e Rocco Hunt. "E' stato naturale, il rap ce l'ho sempre lì".

Poi aggiunge: "Napoli è sempre stato qualcosa di incompiuto: fa parte di me, ma io non ne ho mai fatto davvero parte. Questo è un modo per chiudere un cerchio", e spieg che il lungo silenzio discografico non è stato casuale. "Nel 2017 avevo un disco pronto, quando lo feci ascoltare non convinse e mi fu chiesto di trasformarlo in un album con ospiti. A quel punto rinunciai e seguì un periodo in cui ho scritto poco. Il pensiero di non fare più un disco non mi atterriva, ma guardavo con curiosità, consapevole che la musica era sempre in me, anche se sotto altre forme". Poi un anno e mezzo fa la svolta. 

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"E' stata come un'onda che mi ha travolto", racconta l'artista: "In due mesi, tra fine 2019 e inizio 2020, ho scritto una trentina di canzoni. Venivano fuori come lava colante, pezzi della mia anima che prendevano forma. Anche per questo ho voluto che la copertina del disco fosse un disegno di mio padre. E se all'inizio pensavo di giocare con il napoletano, ad un certo punto è come se il napoletano mi avesse detto: ora gioco io con te".