Gli effetti del credit crunch sulle Pmi
Tra il 2008 ed il 2013 il tessuto imprenditoriale italiano ha perso 13mila piccole o medie imprese
Il ministero dell’Economia ha fatto sapere di aver raggiunto un accordo con il Fondo europeo per gli Investimenti per favorire l’accesso al credito delle Piccole e medie imprese italiane. L’intento della strategia, che rientra nel piano Juncker (ovvero il Piano europeo per gli investimenti), è quello di consentire alle Pmi di sviluppare maggiori investimenti, così da favorire la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro.
In effetti, sono state proprio le imprese più piccole a subire maggiormente gli effetti della crisi economica. Tra il 2008 ed il 2014 il calo di quasi dieci punti percentuali del Prodotto interno lordo (-8,9% la diminuzione cumulata negli anni della crisi economica) ha contribuito ad innescare una continua flessione della domanda di beni e servizi, costringendo allo stesso tempo le banche a correre ai ripari, limitando sempre più il credito concesso alle imprese.
Tra la morsa al credito concesso dalle banche alle aziende e la caduta della domanda, infatti, tra il 2007 ed il 2014 il numero delle piccole e medie imprese italiane si è ridotto di 13mila unità, riportando un calo delle imprese attive pari al 9%. Tuttavia, nel 2015, l’emorragia sembra essersi arrestata. Secondo gli ultimi dati resi disponibili dal Cerved, nel 2015 il numero di piccole e medie imprese attive è rimasto sostanzialmente stabile, attestandosi a 136.114 unità.
Un risultato quanto meno incoraggiante, ma che lascia comunque intravedere come la risalita dell’Italia si ancora messa a dura prova. Basti pensare che nel 2007 le piccole e medie imprese attive sul territorio italiano erano circa 150mila.
È proprio in questo senso che va la strategia messa in atto tra Cassa depositi e prestiti e Fondo europei per gli investimenti. Come anticipato, una delle cause principali della debolezza delle Pmi italiane è da ricercarsi nel credito non concesso alle imprese, necessario in molti casi per favorire gli investimenti.
Tuttavia, a parte qualche lieve segnale incoraggiante rilevato dalla seconda metà del 2016, il credit crunch appare solo lievemente allentato: tra il 2014 ed il 2015, secondo dati della Banca centrale europea, il credito concesso alle imprese è nuovamente diminuito, segnando un -1,4% (solo in altri sette Paesi europei si è verificata una cosa analoga). Non solo, a registrare l’andamento peggiore sono proprio le imprese di dimensione più ridotta: mentre rispetto al 2008 la percentuale di grandi imprese che ha dichiarato di non aver ottenuto il credito richiesto è diminuita dello 0,5% (passando dal 7,7% al 7,2%), il dato relativo alle Pmi è aumentato dello 0,2% (passando dall’8,2% all’8,4%).
Di conseguenza è diminuito anche il numero di imprese disposte ad investire. Uno studio realizzato da Cassa depositi e prestiti, KfW Bankengruppe, Bpifrance e Instituto de Crédito Oficial, aveva rilevato come tra il 2008 ed il 2013 il numero di Piccole e medie imprese disponibili ad investire è diminuito del 43%, passando dalle 543.580 unità del 2008 alle 310.029 del 2013.
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