Consiglio di Stato sospende riforma banche popolari, ora la Consulta
La circolare della Banca d'Italia sulle misure attuative "appare affetta da vizi derivati nella parte in cui disciplina l'esclusione del diritto al rimborso"
Il Consiglio di Stato ha sospeso in via cautelare la circolare della Banca d'Italia che contiene le misure attuative per la trasformazione della banche popolari in Spa. La riforma per gli istituti bancari è stata varata dal governo nel 2015. Il Consiglio di Stato ha anche rinviato a una prossima camera di consiglio la trattazione nel merito della questione, dopo che la Corte costituzionale si sarà pronunciata sulla legittimità della riforma.
Il ricorso - Il rimborso per i soci delle banche popolari che esercitano diritto di recesso perchè in disaccordo con la trasformazione in spa, prevista dal decreto di riforma del 2015, può essere differito, ma non negato. E' questo il perno dell'ordinanza del Consiglio di Stato che ha deciso di sottoporre alla Corte Costituzionale i dubbi di legittimità su alcune norme del decreto e ha sospeso in via cautelare parte della circolare applicativa della Banca d'Italia. A presentare ricorso, alcuni soci degli istituti di credito.
Il diritto di recesso - I giudici della VI sezione presieduta da Ermanno De Francisco hanno ritenuto che "i provvedimenti impugnati incidono direttamente su prerogative relativa allo status di socio, presentando profili di immediata lesivita'". Il principale di tali profili è proprio quello sul diritto di recesso. Il decreto prevede infatti che il diritto del socio che recede a vedersi liquidate le azioni, non sia solo differito entro termini precisi e con interessi, ma possa essere "limitato", con la possibilita' "di escluderlo tout court", si legge nell'ordinanza redatta dal consigliere Roberto Giovagnoli. Inoltre, la circolare di Bankitalia attribuisce all'istituto interessato dal recesso il potere di decidere l'esclusione del rimborso, creando "una situazione di conflitto di interesse".
Le banche a rischio - La decisione del Consiglio di Stato non blocca la riforma delle Popolari, tanto più che il processo è ormai in atto e a parte le Popolari di Sondrio e di Bari, le assemblee hanno votato la trasformazione in spa. E in ogni caso bisogna attendere la pronuncia della Corte Costituzionale. Ma certo, anche prospettando rimborsi differiti ai soci, un peso sui conti di alcuni istituti potrebbe esserci eccome. E non è un caso se le Popolari hanno chiuso in calo in Borsa: Ubi -4,7%, Popolare Sondrio -3,6%, Bper -2%, Banco Popolare -0,6%, Bpm -0,3%. La banca più a rischio e' la Popolare di Bari, che delibererà sul passaggio a spa l'11 dicembre e ha fissato il valore di recesso a 7,5 euro per azione, attribuendo all'istituto una valutazione di 1,2 miliardi di euro: se le limitazioni al diritto di recesso verranno ritenute illegittime, i soci potrebbero chiedere in massa di uscire. Al momento sono tre le popolari che hanno concluso la procedura di recesso: Ubi Banca, Popolare Vicenza e Veneto Banca e tutte hanno limitato in modo drastico le richieste di lasciare. Ubi, su richieste per 258 milioni di euro, ne ha soddisfatte solo per 13; Popolare Vicenza ha negato a tutti il recesso, che era stato esercitato solo per un controvalore di 1,7 milioni; lo stesso Veneto Banca, che ha rifiutato il recesso per un controvalore di 14,5 milioni.
Il possibile intervento del Governo - Di fronte a un quadro che presenta diverse incognite, non è escluso che il governo decida di intervenire con un decreto, da riassorbire poi nella manovra, che vada a correggere e limare una serie di aspetti in materia di banche, e il lavoro in tal senso sarebbe già in corso. Tra le variabile pendenti, una riguarda la Corte Costituzionale, e non solo per l'ordinanza che gli invierà a breve il Consiglio di Stato, ma anche per un'altra causa, già discussa e non ancora arrivata a sentenza, nata da un ricorso di Regione Lombardia. La riforma delle popolari si applica alle banche con un attivo sopra gli 8 miliardi. Questa soglia potrebbe essere messa in discussione, perchè considerata troppo alta. Magari con una sentenza non retroattiva, e la Consulta ne ha fatte altre su temi economici, che salvi quindi le delibere gia' votate dalle assemblee dei soci.
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