Secondo gli ultimi dati dell'Istituto di pubblica sicurezza brasiliano, c'è più gente che muore quotidianamente in Brasile rispetto al conflitto siriano. In effetti, ogni 9 minuti, un brasiliano viene ucciso, senza contare, ovviamente, la media altissima di 125 persone stuprate ogni giorno (più di 45 mila all'anno) e l'impressionante tasso di decessi delle forze dell'ordine fuori dall'orario di servizio (3 volte di più rispetto al servizio per una media totale di 500 omicidi all'anno).
Parlare di allarme criminalità è ormai un eufemismo, sarebbe, dunque, meglio parlare di una vera e propria guerra civile silenziosa che si sta scatenando da lungo tempo nel paese sudamericano. In effetti, se si paragonano questi dati con quelli della guerra civile siriana si scopre che nello stesso periodo di tempo - da marzo 2011 a fine 2015 - in Brasile sono state uccise quasi 280mila persone contro i 256mila morti in Siria.
Il paragone tra i due scenari è chiaramente pretestuoso ma serve a dare un'idea dell' irrefrenabile tasso di criminalità che sta dilagando nel paese sudamericano.
I numeri evidenziano da un lato la deriva a cui è irrefrenabilmente arrivata la società brasiliana, e dall'altro la completa assenza di un sistema strategico di sicurezza pubblica. Anche se in realtà, un piano per garantire maggiore controllo è già stato fatto ma non è ancora sufficiente.
Effettivamente, il problema sta nel fatto che in molte situazioni il confine tra forze dell'ordine e criminalità coincide: abbiamo già visto che negli ultimi 10 anni, sono state più di 8000 le vittime per mano della sola polizia di Rio de Janeiro, senza contare l'inchiesta shock, poi rivelatasi fondata, sui bambini di strada uccisi dalle forze dell'ordine per "ripulire " la città prima delle olimpiadi della scorsa estate,