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Manovra, emendamento sugli "affitti brevi": "Normativa necessaria"

A Tgcom24 la Property Managers Italia spiega i vantaggi dell'imposta cedolare secca al 21%, prevista da un emendamento alla legge di bilancio e bloccata dal premier Renzi

Tra i diversi emendamenti alla legge di bilancio, ve n'è uno presentato dal Pd che regolamenta per la prima volta il mercato degli "affitti brevi", ossia la locazione per poco tempo di un appartamento. Ribattezzato dai media come "emendamento Airbnb", in realtà non riguarda la multinazionale americana, ma consente ai proprietari di casa di poter utilizzare la cedolare secca anche per affitti di breve periodo, i cui introiti sono spesso in nero.

La proposta di modifica, già approvata dalla commissione Finanza della Camera, ha trovato però la strada sbarrata dal premier Matteo Renzi, che con un tweet ha espresso il suo dissenso: "Nessuna nuova tassa in legge di bilancio, nessuna. Nemmeno Airbnb. Finché sono premier io, le tasse si abbassano e non si alzano".

Secondo l' Associazione Property Managers Italy, che si propone di rappresentare i privati e le società che esercitano in maniera professionale l'ospitalità alternativa, quello delle locazioni brevi è invece un mercato in cui regna molta confusione sia a livello burocratico che fiscale, e che per questo motivo necessita di una normativa ad hoc. A Tgcom24 Stefano Bettanin e Pietro Abbati Marescotti, presidente e vicepresidente dell'associazione, hanno delineato un quadro generale della situazione.

Cosa prevede l'emendamento alla legge di bilancio sugli "affitti brevi"?
La norma prevede che il canone relativo agli affitti brevi, che poteva già essere assoggettato alla cedolare secca come previsto dall'Agenzia delle Entrate, venga ora trattenuto alla fonte da piattaforme online, gestori (property managers) e agenzie di intermediazione immobiliare che agiscono come sostituto d'imposta. In questo modo si semplifica la gestione burocratica del pagamento dell'imposta e si fa emergere un mercato sommerso, a vantaggio anche dello Stato. L'emendamento, infatti, obbligando l'intermediario a versare la tassa in nome e per conto di chi usufruisce del contratto di affitto, combatte l'evasione fiscale.  

Quindi è un provvedimento utile?
Assolutamente. Dai nostri studi, prendendo come campione Roma, Milano, Firenze, Genova, Venezia e Palermo, è emerso che il numero dei pernottamenti non registrati è pari a 39,6 milioni. Secondo le stime, il mancato gettito alle casse dello Stato ammonta a 188 milioni di euro, quello ai Comuni a 98 milioni. Siamo davanti a un evidente problema fiscale che danneggia tutti.

Cosa cambierebbe con la normativa? 
Chi affitta camere e case non potrà più sfuggire agli occhi del fisco. Ci siamo spesso trovati a scontrarci con un mercato dove molti non agiscono in regola e viene messa in discussione anche la sicurezza, dal momento che spesso non vengono comunicati in Questura i dati degli ospiti. Con la nuova norma alle Agenzie delle Entrate, nascerà invece un Registro unico nazionale nel quale verranno iscritti tutti gli affittuari e le informazioni relative agli immobili messi in affitto. In questo modo verrà semplificata anche la burocrazia: per esercitare l'attività, basterà inviare una semplice comunicazione scritta. 

E in termini numerici?
Con l'introduzione della normativa, facendo emergere il mercato sommerso, si è calcolato che si avrebbe una crescita del Pil. Il dato riguarda solo l'indotto diretto, poi c'è tutto quello indiretto che avrebbe anch'esso il suo peso. Si è calcolato che su 100 euro spesi da un turista, 17 sono spesi per l'alloggio, mentre i restanti 83 per servizi che possono essere più o meno legati (ristoranti, escursioni, shopping, ecc). Dei 17 euro spesi per l'alloggio che andrebbero ai proprietari di casa, circa il 35% verrebbe poi reinvestito dal proprietario per pulizie, manutenzione dell'immobile e altre spese di questo genere creando ulteriore indotto.

Attualmente quali sono le difficoltà riscontrate dai locatori?    
La burocrazia lenta, la frammentarietà legislativa, dato che la competenza in materia di turismo è demandata alle Regioni, e la concorrenza sleale di chi evade il fisco. Ma c'è anche un altre grande problema, che è quello del patrimonio immobiliare latente: si tratta di 3,5 milioni di case sfitte, un grande bacino di offerta immobiliare che, se ben sfruttato, può dare senz'altro delle chance economiche. Non dobbiamo dimenticare che il turismo è il petrolio dell'Italia, bisogna valorizzarlo. 

In che modo? 
Una normativa sugli affitti brevi indirettamente potrebbe mettere in moto il circuito turistico. Andrebbe a vantaggio dei borghi, quei piccoli centri dimenticati che avrebbero tanto da offrire a livello di ospitalità. Ma non solo: incentivando il turismo esperienziale, si creerebbero nuovi posti di lavoro. Dall'azienda incaricata di ristrutturare l'immobile alla guida che accompagna gli ospiti in giro. Importante anche l'introduzione della tassa di soggiorno: sostenuta dall'ospite, andrebbe a beneficio di tutta la comunità.

Avete già avuto un confronto con Federalberghi sulla questione? 
Il nostro obiettivo è discutere in maniera costruttiva coinvolgendo tutti i players del settore. Abbiamo un nemico comune, ovvero gli affittuari che evadono le tasse. A noi interessa accendere i riflettori su questo fenomeno, che non può e non deve essere ignorato. Permetta il parallelismo: la nascita della tv non ha ucciso il teatro. Allo stesso modo le case private non uccidono gli alberghi: sono due mercati che possono e devono convivere.

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