roma

Caso Varani, chiusa l’indagine: “Omicidio premeditato”

A Manuel Foffo e Marco Prato sono attribuite anche le aggravanti della crudeltà e dei motivi futili

Concorso in omicidio premeditato e pluriaggravato. E' il reato che la Procura della capitale contesta a Manuel Foffo e Marco Prato nell'atto di chiusura inchiesta notificata ai loro difensori per la morte di Luca Varani avvenuta nel corso di un festino la mattina del 4 marzo nel quartiere Collatino a Roma. Il pm Francesco Scavo ha depositato gli atti e chiuso le indagini ed oltre alla premeditazione a carico di Foffo e Prato sono attribuite anche le aggravanti della crudeltà e dei motivi abbietti e futili.

Nel provvedimento il pubblico ministero Scavo ricostruisce la vicenda affermando che che Foffo e Prato "dopo aver fatto entrambi ripetuto uso di sostanze alcoliche e stupefacenti nei giorni antecedenti l'evento" erano usciti dalla casa di Foffo, in via Igino Giordani, alla periferia est della capitale, la notte prima dell'omicidio, e avevano "girato in macchina per la vie di Roma alla ricerca di un qualsiasi soggetto di uccidere o comunque da aggredire al solo fine di provocargli sofferenze fisiche e togliergli la vita".

Tornati a casa, all'alba del 4 marzo, i due hanno chiamato Varani invitandolo nel loro appartamento. Una volta arrivato nell'abitazione, i due indagati lo "hanno fatto denudare", scrive ancora il pm, per ottenere una prestazione sessuale e gli hanno offerto una bevanda con una dose di psicofarmaco che "lo stordiva a tal punto da costringerlo a recarsi in bagno": lì ha avuto inizio l'atroce massacro che si è concluso, due ore dopo, in camera da letto, con la morte del ragazzo. Le verifiche effettuate dagli inquirenti in questi mesi, hanno confermato il ruolo dei due presunti assassini nella morte del giovane ucciso a coltellate e colpi di martello.

Tracce biologiche di Foffo e Prato sono presenti sulle armi, almeno tre, usate per uccidere Varani e questo farebbe cadere la tesi dei difensori di Prato secondo i quali il pr romano non avrebbe partecipato attivamente all'omicidio. La vittima è stata seviziata per lungo tempo e colpita un centinaio di volte con martello e coltelli: prima un colpo alla testa, con il quale il giovane dopo esser stato drogato, è stato stordito. Secondo il referto dell'autopsia, consegnato in procura, gli assassini del giovane si sono prima accaniti con le martellate su testa e bocca. Poi hanno tentato di strangolarlo con una corda di nylon e subito dopo, con almeno due coltelli da cucina, hanno massacrato la gola del giovane, aprendola completamente senza però tagli letali.

Il corpo di Luca presentava almeno trenta ferite, meno profonde, su petto e testa che gli sono state inferte probabilmente solo per vederlo soffrire. La vittima è morta dissanguata, e solo allora, dopo quasi due ore di sevizie, gli assassini hanno smesso di infierire sul suo corpo. Secondo quanto raccontato da Foffo, che confessò l'omicidio il giorno dopo averlo commesso, dopo la morte del ragazzo i due amici dormirono a fianco del cadavere per circa sei ore. Poi, nel pomeriggio del 4 marzo, lasciarono la casa per liberarsi degli abiti sporchi di sangue e del telefono cellulare della vittima.

Quella notte Prato si fece accompagnare dall'amico in un albergo di piazza Bologna, dove sabato avrebbe tentato il suicidio con un mix di alcol e barbiturici. Foffo invece passò la notte nell'appartamento del massacro, dormendo su un divano, a pochi metri dal cadavere. La mattina del 5 marzo, Foffo raccontò al padre quanto accaduto e decise di costituirsi. Fu lui a portare i carabinieri nella casa dove il corpo della vittima giaceva da un giorno e mezzo.