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Terza lettera di Celentano per Fabrizio Corona: "Un giudice non può essere schiavo delle proprie antipatie personali"

"Un accanimento nei confronti di una persona disperata", scrive il cantante, come raccontato a "Pomeriggio Cinque"

Dopo le prime due lettere di solidarietà inviate nei giorni scorsi, Adriano Celentano prende nuovamente le difese di Fabrizio Corona, ma questa volta si rivolge direttamente ai giudici, come raccontato da "Pomeriggio Cinque".

"Con un tipo un tantino esuberante come Fabrizio, forse anche io nei vostri panni avrei perso la pazienza - scrive il Molleggiato - Ma poi non avrei dimenticato che sono un giudice. E un giudice non può essere schiavo delle proprie antipatie personali". L'artista prosegue invitando dunque a tener conto dello stato d'animo del condannato, "specie se questi riguardano aspetti gravi della sua salute". Parole che si aggiungono all'accorato appello della mamma Gabriella, che a "Live - Non è la d'Urso" aveva parlato della sindrome bipolare con personalità borderline di cui soffrirebbe il figlio.

"L'accanito, ridendo e scherzando, ha già scontato 8 anni di carcere - prosegue Celentano - Tutto ciò stride con una giustizia dove purtroppo non si contano i casi in cui al posto di un sano ergastolo, si lasciano liberi individui che fanno a pezzi le persone".

E ancora: "Per come la vedo io, un giudice non lo si può chiamare giudice, se prima di essere un giudice non è un uomo infinitamente buono". E come già scritto in precedenza, Adriano conferma di avere un'idea.

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