Se n'è andato, in punta di piedi, col solito garbo invincibile, l'uomo che aveva insegnato l'educazione alla tivvù. Luciano Rispoli morto a 84 anni nella sua casa romana di Casalpalocco, era lo Chateaubriand del piccolo schermo, il sussurro che tutto avvolge come un plaid davanti al fuoco in una fredda notte d'inverno. Era soprattutto una persona perbene. E un amico. Giornalista, conduttore radiofonico e televisivo, già direttore del Dipartimento Scuola Educazione della Rai dal 1977 al 1987, Luciano aveva da tempo rotto i ponti col mondo, viveva male l’esilio dalla tv che aveva smesso di riconoscerlo come uno dei suoi padri.
Come disse a Vanity Fair: "Mi avevano messo il pacemaker e non andava mai bene: a volte i battiti cardiaci erano troppi, a volte pochi. C’era solo un momento in cui la frequenza era perfetta: quando il tecnico abbassava il braccio, la spia sulla telecamera si accendeva e io ero in onda...". Era proprio così.Quando s’accendeva la lucina rossa, Rispoli si trasfigurava, allontanava le malinconie che solo l’ingratitudine degli dei e dei dirigenti Rai sanno dare. E s’infiammava, sia che si trovasse sul set dell’intrattenimento puro di La Grande Corsa e Il gioco dei mestieri, o dietro la cattedra di Parola mia (valeva di più, sullo studio della lingua, nel tripudio di analisi testuali, etimologie, sinonimi e contrari, una puntata della trasmissione col mitico professore Beccaria, che un intero ciclo di studi universitari...); sia che transitasse nei salotti un po' gozzaniani del Tappeto volante. Luciano incarnava il prototipo del conduttore perfetto, colto, amante appassionato dei congiuntivi. Figlio di un militare, è stato con Arbore, Piero Angela e pochi altri l’esempio plastico dell’educazione prussiana applicata alla tv di servizio. Gli dicevo sempre che doveva ottenere il vincolo dei Beni Culturali, ma la sua umiltà imbarazzante gl'impediva di vantarsi.
Però, per dire, fu lui a inventare in radio i classici Bandiera Gialla, Chiamate Roma 3131 o La Corrida di Corrado. A lui viene ascritto anche il primo talk show della Rai, L’ospite delle due che debutta nei pomeriggi domenicali della metà degli anni ’70, prima dell’arrivo di Bontà Loro di Maurizio Costanzo, che proprio Rispoli fece esordire in radio come autore nel 1963. Rispoli era soprattutto Il tappeto volante, in onda su Telemontecarlo dal 1993 al 2000 (e approdato poi su network privati) che ha segnato un modo di fare tv. Il tappeto, nelle sue molte molteplici edizioni con Melba Ruffo, Samantha De Grenet o Rita Forte, era una subdola trappola psicologica. Chi vi andava ospite - e parlo con cognizione di causa - veniva immerso in una vasca idromassaggio di coccole e parole, mai un rimprovero, mai uno scazzo; e non vedeva l'ora di ritornarci. Si ha una gran nostalgia di quei pomeriggi "garbati".
Di Rispoli, della sua affabilità e del suo approccio nasale - Max Tortora lo imitava attribuendogli una ferocia inumana -, ho ricordi vividi. "Zio Luciano" non faceva domande, le porgeva; e non s'incazzava mai, salvo quando parlavi dei lottizzati stratificati a viale Mazzini, o dell’ex direttore di Raiuno Del Noce "l'uomo che convoca una conferenza stampa per dire che non è gay", allora ti saltava alla gola. "È vero che a volte sono un po' cerimonioso", raccontò lui "ho fatto esercizi per parlare in modo meno iperbolico, ma non sono riuscito a cambiare una virgola. L’urlo, lo scandalo e la volgarità non hanno mai abitato nella mia televisione, per questione di rispetto".
Il rispetto. Era il suo mantra. Ricordo una sera d’estate, in Puglia, alla presentazione di un libro: rimase a sorbirsi, con pazienza biblica, le domande e gli sfoghi di tutti i 200 astanti, firmando ad ognuno di loro, sempre con il sorriso stampato tutte le copie del volume. Solo che il libro non era il suo, era il mio (lui s’era solo prestato gentilmente a presentarmelo). "Non volevo che fossi messo in imbarazzo...", sorrideva, affogato in mezzo a una folla che nemmeno Pertini. C'è da dire che il tempo un po' l'aveva migliorato; negli ultimi anni l’ho visto massacrare in diretta gente come il Mago Otelma e varie signorine, ospiti del suo salotto palesemente paraculate da padrini politici. Quando voleva sganciare una battuta zio Luciano fingeva di essere sordo e un po’ rincoglionito; sorrideva e ti piazzava lì per lì una boutade, un cazzeggio, un paradosso che rosseggiava d’imbarazzo le vittime. Ecco, nella tv di oggi, forse manca un Rispoli cattivo.
L’ultima volta che si fece vedere in onda fu per l’ottatunesimo compleanno, a Raiuno, attraverso il racconto di Mariano Sabatini, suo storico collaboratore. Lascia la moglie Teresa Betto che aveva sposato davanti a Padre Pio e tre figli. E un dolore diffuso, misto alla consapevolezza che se ne sia andato un pezzo dell'Italia migliore...