"Qui sulla terra sei stato un grande, ma di cielo no, di cielo non hai mai capito niente. E ti divertivi a classificarti tra quelli che non credono". E adesso "Dario! Non far finta di non sentire... tanto lo so che mi senti... e mi vedi...". Con queste parole tra il commosso e lo scanzonato Adriano Celentano si rivolge a Fo all'indomani della sua scomparsa.
Lo fa con una lunga lettera pubblicata sul "Corriere della Sera", in cui il cantautore ricorda il lato umano e grandioso del "collega" con l'ironia graffiante che lo caratterizza. "Ma come si può essere così GRANDI, come lo sei stato tu, e al tempo stesso così ignorante??? Questa cosa mi fa incazzare! Una mancanza questa che poteva far crollare l'intero asse del Nobel. Ma loro, quelli che ti hanno premiato, non sono scemi".
Hanno scelto un uomo come te, va avanti il "Molleggiato" nella sua lettera-ritratto del Giullare che non c'è più, uno che ha "rivoluzionato la cultura e restituito la dignità agli oppressi", uno che ha fatto cose grandi perché tu "più di quello che hai fatto non potevi fare".
E avanti con un ritratto che ricorda quel giorno del Nobel, "la premiazione, avevi lo smoking", e soprattutto "la tua espressione. Un'espressione attraverso la quale non si poteva non leggere quello che sei dentro. E' la tua anima che hanno premiato. Ecco perché da lassù, il PADRE, ogni volta che tu ti proclamavi ateo si sganasciava dal ridere".
Perché la realtà, assicura il cantautore, è che "tu hai sempre creduto caro Dario, solo che non lo sapevi. Sarebbe curioso, spettacolare, se di fronte alla prova schiacciante della tua ritrovata ed eterna giovinezza tu avessi la forza di dire al Padre che sei ateo. Tu saresti capace...".