Non è la prima volta che i giudici ribaltano le richiesta della procura prosciogliendo i presunti colpevoli. Passi quando questo avviene per insufficienza di prove. O, ancora, quando interviene una sentenza di terzo grado, ovvero una decisione definitiva, alla fine di un percorso giudiziario che –per quanto insopportabilmente ed ingiustamente lungo- ha sviscerato ogni aspetto del contendere. È invece intollerabile quando le richieste dell’accusa vengono ribaltate “perché il fatto non sussiste”. Un fatto che suggerisce l’esistenza nella magistratura di un vero e proprio “strabismo giudiziario”.
Perché giudici e procuratori appartengono entrambi alla casta della magistratura. Casta perché stiamo parlando di una categoria che gode di indiscussi ed esclusivi privilegi come, per esempio, quello di autogovernarsi in barba agli altri poteri dello stato. Che però dalla magistratura possono essere condizionati con inchieste, processi, lunghissime istruttorie, sentenze cervellotiche le cui motivazioni vengono scritte a volte in anni e anni di “riflessione”. Il fatto che appare sempre più assurdo è che i magistrati dell’accusa, per fini di carriera, possano diventare giudici e viceversa, cosa che si tenta di impedire legislativamente da anni con la separazione delle carriere. Un principio di civiltà giuridica che vale in tutto il mondo ma che la nostra magistratura vede come fumo negli occhi.
Eppure il danno enorme che proviene da questa anomalia italiana è, soprattutto in questi giorni, sotto gli occhi di tutti: Mafia Capitale era davvero mafia o no? Ignazio Marino era un truffatore delle carte di credito o no? In Piemonte c’è stata rimborsopoli (in primis per l’ex presidente della regione Cota) o no? Perché i casi sono due: o ha peccato di leggerezza e incompetenza la Pubblica accusa o lo ha fatto il Giudice. Eppure sono entrambi magistrati, entrambi hanno la medesima preparazione, entrambi dispongono di un potere enorme. Ma com’è che entrambi cambiano pelle come lucertole dopo la muta e riescono ad asserire il contrario dei colleghi accusatori (dei quali, magari, fino a qualche giorno prima facevano parte!) senza nessun problema? Chi garantisce che la loro imparzialità sia davvero tale? È anche da queste preoccupazioni che nasce l’idea della separazione delle carriere. E che siano preoccupazioni reali se n’è accorto anche un ex pasdaran giudiziario, ex magistrato, ex presidente della camera e comunista come Luciano Violante: “C'è un'invasione del diritto penale nelle nostre vite - dice oggi - assolutamente ingiustificata, perché inidonea a salvaguardare i beni della comunità e dei singoli”. Riflessioni che forse Renzi, sognando Grandi Riforme, avrebbe dovuto far subito sue. Magari a colpi di fiducia.