Caos nel Psoe, il partito socialista spagnolo. Il segretario Pedro Sanchez si è dimesso dall'incarico dopo che non era ancora riuscito a formare un governo. A seguito della batosta alle elezioni di domenica in Galizia e Paese Baschi e del no a un'alleanza con la destra di Mariano Rajoy, la vecchia guardia socialista, all'ultimo Consiglio federale, ha votato contro la mozione di Sanchez su nuove primarie decretando così la sua uscita.
Le dimissioni di "El Guapo" sono arrivate dopo una giornata convulsa nel consiglio federale socialista segnata da uno scontro senza esclusione di colpi fra i 'sanchisti' e i 'baroni'. Alla fine, dopo una lunga battaglia procedurale, si è andati al voto. Sanchez è stato battuto 133 a 107. La sua proposta di primarie in ottobre e di congresso-express in novembre è stata bocciata. E il leader contestato ha annunciato le dimissioni. Il partito sarà guidato ora da una direzione provvisoria che dovrà traghettarlo fino a un congresso previsto per l'inizio del 2017. Che probabilmente eleggerà Susana Diaz nuovo segretario.
Cade con Sanchez, in carica dal 2014, il segretario che ha firmato nell'ultimo anno cinque sconfitte storiche per i socialisti, in altrettante elezioni: due politiche, le catalane, le basche e le galiziane. Sotto la sua guida il Psoe è precipitato dal 48% che aveva negli anni 1980 al 22,6%. Sanchez è stato anche l'uomo del granitico "No è no! Che parte del no non capisce signor Rajoy" all'ipotesi di consentire la nascita di un governo di minoranza del leader popolare Mariano Rajoy, vincitore delle politiche ma senza maggioranza assoluta, che avrebbe permesso di fare uscire la Spagna da una paralisi istituzionale che dura ormai da 10 mesi. E rischia di portare a nuove elezioni, le terze in un anno.
La nuova direzione provvisoria, che dovrebbe essere guidata dal presidente delle Asturie Javier Fernandez, dovrà rifondare il partito dall'opposizione. I nuovi dirigenti potrebbero optare, come chiede il leader storico Felipe Gonzalez, per una astensione sull'investitura di Rajoy e evitare così un ritorno alle urne che i sondaggi prevedere catastrofico per il Psoe, schiacciato fra la concorrenza da sinistra di Podemos e un Pp in costante recupero.
L'uscita di scena di Sanchez, che nonostante le dimissioni della maggioranza della direzione federale martedì rifiutava di dimettersi, è arrivata dopo oltre 10 ore di riunione apertamente fratricida, fra grida, accuse e insulti, del consiglio federale socialista. Sanchez ha usato tutte le leve tattiche possibili per evitare la sconfitta. Ma non ce l'ha fatta. Davanti alla sede del Psoe in Calle Ferraz si era riunita una piccola folla di suoi sostenitori appoggiati da militanti di Podemos e Izquierda Unida, che hanno aggredito verbalmente e fischiato al loro arrivo gli oppositori, urlando loro "golpisti", "venduti" a Rajoy.
"Una vergogna" ha denunciato El Pais. L'uscita di scena di Sanchez, l'uomo che rischiava di spaccare il Psoe, dovrebbe riportare a un minimo di normalità il partito. Ora però c'è l'incognita governo. Se il terremoto Psoe non consentirà al Paese di avere un nuovo premier il 31 ottobre, la Spagna dovrà tornare a votare a Natale, per la terza volta consecutiva.