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Perché l’Opec vuole ridurre la produzione di greggio

L’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio ha deciso di tagliare la produzione giornaliera di greggio di oltre 240mila barili al giorno

Nel corso di una riunione preliminare ad Algeri, l’Opec (l’Organizzazione mondiale dei Paesi esportatori di petrolio) ha deciso per la prima volta dopo otto anni di limare leggermente la produzione di greggio, per tentare di contrastare un calo dei prezzi che ha creato non pochi problemi a molti Paesi membri. Sebbene l’accordo non sia definito, e andrà ratificato nel consueto vertice di Vienna, il barile ha registrato un lieve apprezzamento, sfiorando i 50 dollari, per poi ristabilizzarsi sopra i 48 dollari.

Ma come si è arrivati a questo punto? All’inizio della crisi economica, nel 2008, il prezzo del greggio era ancora piuttosto elevato – si aggirava intorno ai 125/130 dollari al barile – man mano che le difficoltà economiche mondiali si acuivano le quotazioni scendevano fino stabilizzarsi intorno ai 115 dollari al barile, dopo di che il crollo: il prezzo del greggio, nel 2014, ha registrato una diminuzione vertiginosa fino a portarsi intorno ai 25 dollari al barile, per poi risalire lievemente ai livelli odierni (tra i 45 ed i 50 dollari).

La causa principale del crollo è stata sicuramente la contrazione della domanda mondiale - legata al perdurare delle difficoltà economiche dell’Eurozona e al rallentamento dei grandi importatori di greggio come la Cina - e la sovrapproduzione causata dalla nuova autosufficienza di quello che prima era il più grande importatore al mondo: gli Stati Uniti che, attraverso la produzione home made di shail oil, ne hanno cominciato ad importare sempre meno.

Il calo dei prezzi, in parte voluto dalla stessa Opec, non ha però dato gli effetti sperati. L’Organizzazione, non riducendo la produzione, contava di tagliare fuori gli Stati Uniti che, a causa della costosa estrazione mediante il fracking, avrebbe avuto margini di profitto troppo esigui per continuare a considerare conveniente la produzione di shail oil. Come anticipato però, a subire le conseguenze dei prezzi bassi sono stati soprattutto i Paesi Opec, basti pensare alla Nigeria, al Venezuela o alla stessa Arabia Saudita, costretta ad applicare misure di austerity.

Proprio per sopperire a queste difficoltà l’Opec ha deciso di tagliare la produzione attuale (pari a 33,24 milioni di barili al giorno) di una cifra compresa tra i 240mila e i 740mila barili al giorno. Una decisione approvata, almeno per il momento, anche dall’Iran che, al contrario di quanto dichiarato tempo fa da Teheran, aspetterà a raggiungere i quattro milioni di barili prodotti al giorno del periodo pre-sanzioni.

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