L’occupazione in Italia e nell’Eurozona
La Banca centrale europea, nel bollettino mensile, sottolinea l’importanza delle riforme già introdotte in alcuni Paesi europei. Come il Jobs Act in Italia per esempio
Nell’ultimo bollettino mensile la Banca centrale europea, oltre a sottolineare i soliti rischi al ribasso che potrebbero contribuire negativamente alla ripresa economica dell’area, evidenzia il particolar modo i segnali positivi che giungono dal mercato del lavoro, con un occhio di riguardo al Jobs Act italiano e al dinamismo che ha generato nel nostro Paese.
In generale, nel secondo trimestre del 2016 l’Eurozona ha riportato un aumento congiunturale dell’occupazione dello 0,3%, con una crescita dell’1,4% tendenziale (l’incremento più forte dal 2008). A trainare i positivi risultati registrati sono state soprattutto le buone performance della Germania e della Spagna, che rappresentano, infatti, due terzi dell’aumento dell’occupazione nel periodo preso in considerazione.
Non a caso i due Paesi, appunto Germania e Spagna (che oltre a contribuire notevolmente al miglioramento del mercato del lavoro dell’Eurozona, hanno contribuito positivamente anche alla crescita del Pil), sono anche quelli che hanno avviato più riforme strutturali in questo senso.
Proprio per questo la Banca centrale europea ha promosso il Jobs Act italiano: la riforma introdotta nel 2015 “ha altresì contribuito al rinnovato dinamismo dell’occupazione nel paese negli ultimi trimestri”, contribuendo però solo in minima parte alla ripresa occupazionale dell’area.
Dalle note storiche dell’Istat si può infatti notare come da inizio anno le rilevazioni mensili abbiano sempre registrato aumenti per il numero degli occupati (eccezion fatta per febbraio, -0,3%, e luglio, -0,3%). Certo è, che per tornare ai livelli pre crisi ci vorrà ancora molto. Basti pensare che, secondo un’analisi di Unimpresa, tra il 2008 ed il 2015 l’Italia ha perso qualcosa come 625 mila posti di lavoro.
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