"Dio, ho promesso il mio pegno di fedeltà e lo rinnovo per il principe dei fedeli, il mio Cheick Abu Bakr al-Baghdadi". E' il messaggio-giuramento su Twitter della studentessa padovana Meriem Rehaily, ventenne di origini marocchine ma cresciuta in Italia. Il giorno dopo Meriem fugge dalla sua casa di Arzergrande verso Istanbul, in Turchia, e da lì, grazie a un "contatto", in Siria. Gli inquirenti credono sia diventata una jihadista attiva.
Per lei scatta un mandato d'arresto. L'indagine del Ros di Padova, coordinata dal procuratore Antiterrorismo di Venezia, Adelchi d’Ippolito, e dalla sostituta Francesca Crupi, porta sino alla brigata "Al Khansaa", composta di sole donne, soprattutto europee e russe, addestrate all'uso di armi ed esplosivi. Il loro compito è verificare che le concittadine rispettino la sharia, punendole se non hanno il velo lungo o le mani coperte.
Durante il suo periodo in Italia, in uno dei suoi temi, riporta il Corriere della Sera, diceva di voler allevare i figli secondo l'Islam, per "renderli pronti per il loro ruolo nella lotta".
A un'amica aveva inviato l’immagine dei una decapitazione: "Non puoi immaginare quanto ho goduto ieri, non vedo l’ora di piegare uno e togliergli la testa". Una volta raggiunta la Siria, ha inviato un messaggino alla madre: "Scusa cara mamma, ci vediamo in Paradiso".
Ora il timore è che possa tornare. Per il giudice c’è "la possibilità che l’indagata possa compiere o azioni kamikaze anche in Italia e in particolare a Roma".