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Pd, Madia contro Delrio: "Cooptazione mascherata sulla capogruppo" | Serracchiani: "Io autonoma"

Il capogruppo uscente accusato da una delle candidate di averla convinta a presentarsi e poi di essere diventato il promotore dell'altra dem in lizza. Martedì il voto

Nervi tesi in casa Pd in vista dell'elezione della nuovo capogruppo. Marianna Madia ha accusato quello uscente, Delrio, prima di averle chiesto di correre e poi di essersi fatto "promotore di una delle due candidate, trasformando il confronto libero in una cooptazione mascherata". L'altra candidata Deborah Serracchiani: "Non posso credere che intenda riferirsi a me. L'autonomia è stata la cifra della mia storia personale e politica". Delrio: "Non ho invitato nessuno a candidarsi".

Nelle ultime ore si era andata rafforzando l'ipotesi che Debora Serracchiani fosse favorita, tanto che qualcuno quasi aspettava un passo indietro della Madia, per evitare la conta e raggiungere l'unanimità, come avvenuto al Senato con Simona Malpezzi. Invece, Madia ha inviato a tutti la sua ricostruzione, con accuse e retroscena: "Sarebbe assolutamente legittimo" cooptare la nuova capogruppo "alla luce del sole - ha scritto - Debora é una persona autorevole. Ma, ripeto, di cooptazione mascherata si tratta. Questa distanza tra forma e sostanza non è sana: non far seguire a cio' che diciamo il nostro comportamento penso sia una delle cause del perche' non riusciamo piu' a esprimere la vocazione espansiva del nostro partito. Non posso negare il dispiacere umano per quello che si e' verificato".

Delrio ha negato la ricostruzione della Madia: "Ritengo di non meritare accuse di manovre non trasparenti o di potere, visto che a quel potere ho voluto rinunciare lasciando immediatamente il mio incarico. Certe parole mi feriscono oltremodo perche' non corrispondono alla realtà e perché vengono da un persona che ho stimato sempre. Credo e spero che si tratti di amarezza".

Insomma, un tutti contro tutti: "Confrontiamoci senza ipoteche e senza retropensieri - e' stato l'invito di Serracchiani - sapendo che ognuna rappresenta se stessa e che ogni collega del gruppo deciderà in piena libertà. Conosco i nostri colleghi, che ho visto lavorare in questi anni in aula e nelle commissioni, con passione e responsabilità, e sono certa che nessuno si farebbe imporre candidature calate dall'alto".

Mentre scoppiava la guerra delle mail, Enrico Letta si stava confrontando via zoom con i circoli fiorentini. Senza che potesse commentare quello che stava accadendo, forse ancora ignorandolo. "Abbiamo toccato il fondo, un mese fa abbiamo avuto la percezione che questa storia potesse finire, io sono tornato per questo, sono tornato perché ho capito che poteva finire tutto, e ho detto se ho la possibilità di evitare che tutto questo finisca devo farlo. Eravamo in una situazione per cui stava finendo tutto", stava dicendo il segretario, rivendicando anche la sua battaglia sulla parita' di genere nel partito: "Negli ultimi 10 anni - ha ricordato - il Pd ha fatto 3 congressi con 9 candidati segretari, 9 maschi. Non è un caso, basta questo, non siamo riusciti in 10 anni a tirar fuori nemmeno un candidato perdente alla segreteria del partito, e questo e' un problema gigantesco. 

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