l'episodio a metà luglio a sant'ambrogio

Milano, a tu per tu con il picchiatore solitario: mi è andata bene

Un over 40 ricorda a Tgcom24 l'incontro con lo spagnolo accusato di 10 aggressioni in città: "Io non sapevo rispondere alle sue domande, forse questo mi ha salvato"

di Gabriella Persiani

Tra le vittime designate del folle picchiatore solitario di Milano ce n'è una che non sa spiegarsi come ha evitato il peggio. "Ho parlato con lui cinque minuti - racconta a Tgcom24 - ma non sapevo dargli le informazioni che voleva. Così, alla fine, ci siamo salutati con una stretta di mano. Al suo cospetto, comunque, non mi sentivo tranquillo, percepivo qualcosa di strano". Era il 13 o 14 luglio, alle 20, in piazza Sant'Ambrogio: gente in giro e davanti quel ragazzo che da alcuni giorni imperversava per la città prendendo a pugni chi fermava per indicazioni stradali, come segnalato per primo da Tgcom24.

Solo dopo la pubblicazione della foto di Nicolas Orlando ha realizzato di essere stato una potenziale vittima?
"In realtà già mercoledì avevo letto di un giovane che si aggirava per Milano a tirare pugni alle persone: descrizione e modus operandi coincidevano con quello che avevo vissuto io a metà luglio. Poi, quando ho visto l'indomani la foto-segnaletica dell'arrestato non ho avuto dubbi: era lui, si vede ancora il livido che ha sotto l'occhio sinistro e che avevo notato quando l'ho visto per la prima volta. Così ho pensato: ci deve essere qualcuno che ha reagito all'aggressione".

A lei, invece, è andata diversamente?
"Per fortuna sì, a me è andata bene. Ma sono due giorni che non trovo un perché. Rientravo dal lavoro in metro, quella sera di metà luglio, sarà stato il 13 o il 14. L'ho visto salire a Cimiano e ho notato subito quel livido, si è seduto dietro di me, ma io l'ho perso di vista perché mi sono messo a leggere fino alla mia fermata, Sant'Ambrogio. All'uscita, mentre recuperavo la bici, ho di nuovo incrociato il suo sguardo e allora si è avvicinato e in inglese mi chiedeva di un pub in piazza Sant'Agostino, di un teatro lì vicino, se anche a me piacesse il teatro. Ma io in realtà non potevo dargli le informazioni che cercava".

Nulla di sospetto, allora?
"In realtà io mi sentivo a disagio. Avevo capito che mi aveva tenuto d'occhio per tutta la mezz'ora di viaggio in metropolitana e poi seguito all'uscita. Avevo paura che potesse rubarmi il cellulare, scippare la borsa, quindi ero sbrigativo nelle risposte, non pensavo tanto alla strada da indicargli, ma lo fissavo negli occhi, senza distrarmi".

E alla fine è stato risparmiato. Sarà stato perché non gli ha saputo rispondere? Lo spagnolo, infatti, ha detto di picchiare chi gli dava indicazioni sbagliate.
"Non so, ho pensato a tutto. Che magari ci fosse troppa gente quella sera o che sono più grande d'età rispetto alle vittime che hanno denunciato l'aggressione. Forse non gli ho ispirato violenza. Di sicuro neanch'io avrei saputo rispondere a un pugno in piena faccia; perché lui ti prende in contropiede, mentre sei distratto a pensare a cosa dire in inglese. Davanti a lui, però, provavo una strana sensazione, perché percepivo cattive intezioni: non era madrelingua inglese, non sembrava neanche un turista, era senza zaino, marsupio, cellulare. Era trasandato, le mani e le unghie sporche. Ho pensato per tutto il tempo a cosa volesse realmente da me. Poi, ci siamo salutati con una stretta di mano e per fortuna non l'ho più rivisto. Il giorno dopo avevo già dimenticato quell'incontro".

La notizia di quel picchiatore solitario in giro per Milano le ha riportato l'incontro alla memoria?
"Sì, è inquietante aver parlato con uno che ha picchiato 10 persone in venti giorni, avergli stretto la mano e averlo salutato cordialmente. Mi è andata bene. Non mi sento un miracolato: i miracolati sono altri".

E ora?
"Voglio mantenere l'anonimato e dimenticare la brutta avventura. Non vorrei trovarmelo sotto casa tra tre mesi. E a chi commenta dimostrando più violenza dell'aggressore, vorrei dire che bisogna trovarsi in certe situazioni, prima di parlare".