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Meccanica strumentale: export verso i 100 miliardi

Con un valore di 82 miliardi di euro la meccanica strumentale costituisce la prima voce dell’export italiano

Puntare a 100 miliardi di export per la meccanica strumentale italiana entro il 2019. Un traguardo possibile secondo il Sace che ha realizzato un’indagine sull’andamento del settore, un obiettivo che può essere raggiunto solo attraverso l’adozione di strategie più incentrate sull’efficienza, l’innovazione e la managerialità.

Con un valore di 82 miliardi di euro la meccanica strumentale costituisce la prima voce dell’export italiano rappresentando il 6% delle aziende manifatturiere e il 12% degli addetti dell’industria nazionale. L’Italia si classifica al quinto posto nel mondo registrando punte di eccellenza per le macchine per il packaging, le macchine utensili e le macchine per la lavorazione di plastica e gomma.

I principali competitor delle aziende italiane provengono dalla Germania, dalla Cina e dagli Stati Uniti. Dimensione media aziendale e una governance relativamente semplice, di solito si tratta di aziende a conduzione familiare, sono gli elementi che caratterizzano il settore che, comunque, presenta una quota elevata di imprese innovatrici.

Quasi la metà delle imprese italiane, nell’ultimo anno, ha investito in ricerca sviluppo e innovazione, oltre che nella penetrazione in nuovi mercati e nella riorganizzazione aziendale. Il debito bancario rimane la forma di finanziamento principale, il ricorso all’emissione di obbligazioni è marginale, mentre fondi di private equity e venture capital rimangono spesso inutilizzati.

La stretta creditizia degli ultimi anni ha fatto sì che molte aziende ricorressero all’autofinanziamento rafforzando la propria solidità patrimoniale: tra il 2007 e il 2014 il grado di patrimonializzazione è aumentato dal 24% al 29,4%, mentre la leva finanziaria è diminuita dal 4,2% al 3,4%. Quasi un terzo delle imprese è in procinto di espandersi in nuovi mercati con nuovi prodotti e maggiore personalizzazione, il 16% con investimenti per espandere la rete commerciale, il 10% con innovazioni di processo e l’introduzione di nuove tecnologie.

Le aree geografiche più importanti per le vendite all’estero sono i mercati del Nord America, il Medio Oriente e il Nord Africa, anche se, nei prossimi anni, si attende un exploit di paesi come India, Centro e Sud America, l’Area Subsahariana e l’Area del Pacifico. Nel complesso restano caute le prospettive: l’85% delle imprese pensa che il 2016 sarà uguale o migliore del 2015 per l’export, in linea con le stime Sace che prevedono un +3,8% di export per il settore nell’anno in corso.

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