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Marracash e Gué Pequeno: "Il rap è una cosa seria"

I due artisti, primi in classifica con "Santeria" da tre settimane si svelano sulla rivista Rolling Stone

Sono Marracash e Gué Pequeno i protagonisti della cover story del nuovo numero di Rolling Stone. I due rapper, per la terza settimana consecutiva al primo posto della classifica con il loro "Santeria", si tolgono qualche sassolino dalle scarpe e al magazine dicono: "Il rap è una cosa seria".

Marra e Gué ci tengono a rivendicare la serietà e l’importanza della loro musica, rappando a gran voce quanto “il sistema Italia” faccia schifo, misurato unicamente in view su YouTube. Con il loro “Santeria” hanno unito le forze per combattere il lato oscuro della scena rap italiana e, considerando la terza settimana in cui non si spostano dal primo posto della classifica, sono in molti a volerli seguire.

Su Rolling Stone i due cantanti mettono ben in chiaro cosa li distingue e giudicano il rap argomento serissimo: "Noi abbiamo iniziato a suonare in un’epoca in cui non c’era neppure il sogno di farci i soldi con il rap, e il rap dovevi amarlo fino al midollo, con tutto te stesso" racconta Marra, "Gente come Fabri Fibra, gli ex Co’Sang, si vivono la musica con una visceralità, con una sofferenza che i ragazzi di oggi non hanno. La maggior parte di loro pensa solo ai soldi. Io, quando facevo musica, volevo essere libero. Alla musica chiedevo di liberarmi dal lavoro. Avevo anche la smania di far soldi, chiaro, di prendermi una rivincita sulla scuola, sul quartiere, sui miei. Ma non volevo essere Laura Pausini. Invece questi sono disposti ad assoggettarsi pur di essere famosi. Sono passati per le nostre etichette indipendenti, per i nostri featuring. Li abbiamo cresciuti noi”.

Gli fa eco Gué Pequeno: "Io sono uno che ha sempre detto di voler fare soldi. La mia carriera è piena di errori, di aspetti controversi. Non voglio neppure fare troppo la morale, ma è giusto mettere qualche puntino sulle i. Non lo dico da rosicone. Il nostro è un disco orgoglioso. Siamo comunque due che vendono, due vincenti”. In quanto alla serietà della loro musica non ci sono dubbi: "Il rap è una cosa seria, un patrimonio culturale, ha una storia, come il rock, ci fanno i film, ci sono i libri di J ay-Z, Jay-Z che va al Moma" dice Gué e Marra aggiunge: "Per noi, qualche anno fa, c'è stata l’esigenza di mettere un piede dentro ’sta merda di musica italiana, da cui eravamo banditi. Così, siamo stati anche i primi a dover fare dei pezzi “passabili”. Io sono stato uno dei primi a collaborare con una uscita dai talent, Giusy Ferreri. I Club Dogo avevano fatto Pes e Fibra Tranne te. Insomma, c’era stato un tentativo di legittimare questa musica, e di portare la musica italiana nell’hip hop. Questi nuovi ragazzini, invece, fanno solo dei pezzi pop con un paio di rime sopra. Di hip hop non c’è niente. Il giornalista italiano medio coglie le differenze tra Manuel Agnelli e i Finley, ma non è altrettanto attento con l’hip hop”.

Niente politica in "Santeria", se si esclude una rima su Renzi: Mi ha sempre dato fastidio che, per essere considerato dai giornalisti, sia importante parlare di politica. Io ho puntato tutto sulla sincerità, mi piacciono le liriche esplicite. Se mi mettessi a fare l’attivista non sarei credibile" racconta Pequeno e Marra gli fa eco: "In questo disco non si parla di politica, un po’ perché ci è venuto spontaneo non farlo, e perché siamo nauseati da chi strumentalizza l’argomento. A me può succedere, citando Nas, di avvicinarmi più alla cosiddetta hood politics, cioè raccontare il quartiere e la strada”.

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