"Sono frastornato, è il giorno più bello della mia vita, il giorno che aspettavo da quasi 19 anni". Sono concitate le parole che Pietro Paolo Melis, l'allevatore 56enne sardo assolto "per non avere commesso il fatto" dopo aver scontato 18 anni di carcere, affida a Tgcom24. All'indomani della sua scarcerazione, raggiunto telefonicamente, l'uomo parla delle prime ore di libertà: "E' una gioia mai provata e ringrazio familiari, amici e compaesani che hanno sempre creduto nella mia innocenza". A incastrare Melis nel processo per il sequestro di Vanna Licheri era stata una intercettazione ambientale. "Fu fatta una forzatura nelle analisi, fu una falsità - commenta oggi. - Mi hanno rovinato la vita, ma ho sempre rispettato la sentenza e ho fatto la galera con dignità e onore".
Le prime ore di libertà Melis ha trascorso la prima notte da uomo libero nella sua casa di Mamoiada (Nuoro) insieme alla madre 74enne, alle sorelle, ai nipoti e agli amici. Non ha praticamente chiuso occhio, riposandosi solo per un paio d'ore. L'uomo è stato assolto "per non avere commesso il fatto" dopo 18 anni di detenzione, al termine del processo di revisione, dall'accusa di essere stato la "mente" del sequestro di Vanna Licheri. Era stato condannato a 30 anni. È stata la Corte d'Appello di Perugia, che ha riaperto il processo nel marzo 2014, a stabilire l'immediata scarcerazione di Melis. Ad incastrarlo erano state intercettazioni ambientali nelle quali avrebbe discusso con Giovanni Gaddone, condannato a 30 anni per il sequestro della Licheri e ad altri 30 per quello dell'imprenditore romano Ferruccio Checchi, i particolari organizzativi per la prigionia della donna, rapita e mai più tornata a casa. Ma i nuovi software usati per analizzare le registrazioni hanno stabilito che la voce non era la sua.
Le tappe giudiziarie Per il rapimento di Vanna Licheri nel processo del 1997 furono condannate due persone: Giovanni Gaddone, di Loculi, e Pietro Paolo Melis. Per quest'ultimo la sentenza a 30 anni di reclusione divenne definitiva il 13 dicembre del 1999. Il processo di secondo grado si celebrò a Cagliari. Nel 2013 la Corte d'appello di Roma, competente a revisionare le sentenze pronunciate in Sardegna, aveva dichiarato inammissibile l'istanza della difesa di svolgere nuove analisi sull'intercettazione ambientale che aveva incastrato il loro assistito, ma la Cassazione nel 2014 ha annullato l'ordinanza trasmettendo gli atti alla Corte d'appello di Perugia. Gli avvocati di Melis hanno ottenuto così la revisione del processo per motivi procedurali e la Corte d’appello di Perugia ha dato loro ragione, decretando l’assoluzione dell'allevatore.
Il sequestro di Vanna Licheri Giovanna Maria Licheri, per tutti Vanna, 68 anni, era un'imprenditrice agricola, madre di quattro figli, che fu sequestrata il 14 maggio 1995 vicino ad Abbasanta, nel centro Sardegna, negli anni più bui dell'isola nei quali imperversava l'Anonima Sarda. La donna non fece mai rientro a casa e il suo corpo non è stato mai ritrovato. Quel 14 maggio un commando formato da quattro uomini armati e mascherati la rapì mentre era a mungere il bestiame di prima mattina nell'azienda agro-zootecnica di famiglia. I Licheri volevano pagare il riscatto, ma la trattativa venne ostacolata dalla legge sul blocco dei beni che impedisce contatti tra i familiari e i banditi. La donna presumibilmente morì nell'ottobre del 1995.