È l'incertezza economica a minare la crescita dell'Eurozona e dell'Italia in particolare. Il Fondo monetario internazionale prevede di abbassare le stime relative al nostro paese a causa della maggiore volatilità dei mercati finanziari, a sua volta in parte provocata dalla uscita del Regno Unito dall'Ue.
La verità è che gli effetti della Brexit, le possibili ripercussioni economiche, sono ancora difficili da quantificare. Pertanto è l'insicurezza a caratterizzare l'attuale fase. A subirne le conseguenze, come già osservato dall'Istat, potrebbero essere gli investimenti, che verrebbero così ridotti.
Ma i rischi vanno ricercati al di là della Brexit, cioè al contesto internazionale, al rallentamento del commercio mondiale e alla debolezza della domanda, nonostante la risalita comunque registrata negli ultimi tempi. Nello specifico, a giugno, l'Italia resta in deflazione, con quest'ultima che accelera rispetto al mese precedente.
A giugno, insomma, l'indice nazionale dei prezzi ha registrato un aumento dello 0,1% su base mensile, ma la diminuzione su base annua è dello 0,4% mentre era dello 0,3% a maggio, confermando così le stime preliminari e la fase deflattiva che rimane stabile: si tratta del quinto mese consecutivo di calo annuo per l'inflazione.
La debolezza della domanda di beni e servizi è la prima causa della deflazione, che porta i consumatori a rinviare gli acquisti in quanto l'abbassamento dei prezzi incentiva l'accumulo di liquidità nell'attesa che scendano ancora. Un potenziale freno, quindi, alla piena ripresa dei consumi anche se, è il caso precisare, al netto dei beni energetici (-7,5% rispetto a giugno 2015), l'inflazione resta positiva, seppure in leggera flessione (+0,4%).
Nell'Eurozona l'inflazione resta molto bassa, tuttavia in miglioramento grazie alle politiche monetarie espansive della Bce. L'inflazione, infatti, a giugno nei paesi dell'Eurozona è tornata positiva allo 0,1%, dopo la lieve flessione dello 0,1% a maggio.
Ad ogni modo, sottolinea ancora l'Istat nell'Eurozone Outlook (in collaborazione con il tedesco Ifo e il francese Insee), dall'inizio del 2015 il livello dei prezzi nell’Eurozona si è mantenuto su livelli minimi condizionato dalla debolezza della domanda globale e dalla caduta dei prezzi del petrolio. L’accelerazione dell'attività economica e la recente ripresa del prezzo del petrolio suggeriscono un graduale incremento nell'inflazione.