IL CASO

Velo islamico al lavoro, la Corte Ue si spacca

Gli avvocati generali giungono a due conclusioni opposte riguardo la legittimità di indossarlo. Sarà la Corte a decidere

La Corte di giustizia dell'Unione europea si divide sulla legittimità, per le donne di fede islamica, di recarsi sul luogo di lavoro con il velo. Secondo l'avvocato generale Sharpstone vietare il velo è "un'illegittima discriminazione diretta". Solo un mese fa il suo collega Kokott aveva invece stabilito come il divieto fosse legittimo se relativo a una regola aziendale di neutralità religiosa e ideologica. La parola passa ora ai giudici.

Eleanor Sharpston, come detto, ha contraddetto la collega Juliane Kokott: "Una politica aziendale che impone a una dipendente di togliere il velo islamico quando si trova a contatto con i clienti costituisce un'illegittima discriminazione diretta". Toccherà ora alla Corte dirimere la questione.

Il caso in esame - I due avvocati si sono espressi su cause differenti. Le conclusioni della Sharpston fanno riferimento al caso di una una donna musulmana assunta come ingegnere progettista dalla Micropole, società di consulenza informatica 2008. Quando lavorava, a volte indossava un velo islamico che le copriva il capo. Ma quando uno dei clienti si è lamentato, l'azienda le ha chiesto di non metterlo più. La signora si è rifiutata ed è stata licenziata.

L'avvocato Sharpston sostiene che il licenziamento della signora "configura una discriminazione diretta basata sulla religione o sulle convinzioni personali". E osserva: "E' probabile che una politica aziendale che impone un codice di abbigliamento totalmente neutro costituisca una discriminazione indiretta".