Duecentocinquanta pasti giornalieri invece dei soli venti/trenta. Così: "Sos. Ci serve l'aiuto di tutti. Cibo confezionato: brioches, formaggini, pane, biscotti, succhi di frutta, zucchero, acqua, banane, mele. Aiutateci, vi aspettiamo all'hub in via Sammartini 120. Possiamo solo ricambiare con un sorriso!". E' disperato l'appello che giunge attraverso i social da SOS ERM Emergenza Rifugiati Milano, l'associazione di volontari che da tre anni dà prima assistenza ai migranti in arrivo a Milano per altre destinazioni. Ma oggi qualcosa è cambiato. In peggio, perché Milano non è più una città di transito ma la destinazione finale e non si può più parlare di emergenza. "Lo Stato deve mettere mano a questa situazione", afferma la presidente Susy Iovieno, che aggiunge: "Per loro di lavoro ce n'è".
"I profughi che sbarcano lasciano in Italia le impronte e perdono la speranza di andare all'estero, sanno che le frontiere sono chiuse", continua Iovieno. "Alcuni finiscono nei centri in provincia - spiega - ma come fanno a integrarsi se non sanno l'italiano? Vagano tutto il giorno, capisco la loro disperazione e l'insofferenza degli abitanti". Con in primis il capoluogo lombardo che nelle ultime settimane si sta trasformando in un grande campo profughi a cielo aperto.
"Su duecento che arrivano, in prevalenza eritrei e sudanesi, in media la metà resta. Sanno di non riuscire a superare facilmente le frontiere e, identificati in Italia, non resta loro che chiedere asilo ma è più facile che finiscano in mano a sfruttatori e malavita", racconta Iovieno.
"So che il Comune sta cercando nuovi spazi, i centri che fino a poco fa erano 'temporanei' ora hanno ospiti fissi: 450 solo al Corelli; noi grazie alle donazioni riusciamo ancora a garantire cibo: questa città ha sempre un cuore grande; solo oggi 250 pasti serviti; ma non basta, i loro occhi restano vuoti".
Qual è la soluzione? "E' il momento di un intervento strutturale forte a livello statale: diamo istruzione, non bastano due ore al giorno per insegnare loro l'italiano e lasciarli vagare tutto il giorno persi e disperati. Prendiamo ispirazione dai modelli tedesco o svedese: cinque ore di lingua al giorno; solo così dopo l'anno di assistenza non ce li ritroveremo tutti per strada quando non sarà più sufficiente poter tamponare la situazione con il panino o la brioche".
"Di lavoro ce n'è per loro, badanti, macellai, nei negozi di stranieri, negli autolavaggi, tutto quello che non vogliono fare gli italiani - continua - ma non conoscendo la lingua vengono sfruttati o possono finire nella malavita facilmente". "Grazie alle donazioni e alla rete di solidarietà - conclude Iovieno - riusciamo a tamponare. Ma vogliamo unirci a tutte le associazioni, locali e nazionali, per un appello al governo: Basta, questo sistema non funziona, Milano è al collasso".