Si attenua la deflazione a maggio. L'indice dei prezzi al consumo, infatti, ha registrato secondo le rilevazioni Istat un aumento dello 0,3% su base mensile e una diminuzione dello 0,3% su base annua. Il mese precedente il calo tendenziale dei prezzi era stato dello 0,5%. L'aumento su base mensile è dipeso soprattutto dai prezzi dei tabacchi (+2,4%), dei beni energetici non regolamentati (+1,7%) e degli alimentari non lavorati (+1,1%).
I livelli dell'inflazione, quindi, si mantengono bassi, rasentando la deflazione. Una circostanza che però continua a non interessare soltanto l'Italia, ma l'Eurozona nel suo complesso, avendo registrato lo scorso mese una variazione ancora negativa dei prezzi, nonostante la lieve risalita rispetto ad aprile.
La debolezza della domanda di beni e servizi è la prima causa della deflazione, che porta i consumatori a rinviare gli acquisti in quanto l'abbassamento dei prezzi incentiva l'accumulo di liquidità nell'attesa che scendano ancora. È nelle prerogative della BCE conseguire un tasso di inflazione appena inferiore al 2% nell'Eurozona, ma le recenti politiche monetarie espansive dell'istituto di Francoforte faticano a dare i risultati sperati.
Per questo motivo, non molti giorni fa, l'Ocse, in un report dedicato all'Eurozona, ha sottolineato che la Bce dovrebbe adottare ulteriori misure nel caso in cui l'inflazione non dovesse tornare a salire come nelle attese. C'è da ricordare, a tale proposito, che la spirale negativa innescata da una fase deflativa potrebbe indebolire la domanda interna e, dunque, compromettere la ripresa.
Sempre secondo l'Ocse, la crescita del Pil in Eurozona si attesterà all'1,6% nel 2016 e all'1,7% nel 2017 e l'attività continuerà ad essere stimolata da politiche monetarie di tipo espansivo. Ma questo è lo scenario in fondo ottimistico. La seconda ipotesi è più allarmistica, infatti, e riguarda l'eventuale Brexit: in quel caso a crescere sarebbe soprattutto l'incertezza economica.