"Lo rifarei immediatamente, perché difendere quella giovane intrappolata nella gioielleria lo considero un dovere. Altrimenti che futuro possiamo consegnare ai nostri figli?". Graziano Stacchio non si è mai pentito dall'aver imbracciato il fucile per rispondere al fuoco dei banditi che il 3 febbraio 2015 assaltarono l'oreficeria vicina alla sua pompa di benzina a Ponte di Nanto (Vicenza). Archiviata l'accusa di eccesso colposo di legittima difesa.
La richiesta di archiviazione era stata avanzata ad aprile dal pm Cristina Gava che aveva aperto l'indagine all'indomani del tentato colpo al negozio di oreficeria Luxo.
La dinamica - Stacchio si era trovato a schivare le raffiche di mitra dei banditi e ne aveva ucciso uno, Albano Cassol, nomade trevigiano di 41 anni anni, morto per una ferita alla coscia. Solo il 20 maggio il figlio del malvivente, Alan, 19 anni, già finito in manette due anni fa, è stato arrestato al termine di un lungo inseguimento della polizia per aver rubato una moto a Jesolo.
La Procura aveva accertato che effettivamente la sera della rapina all'oreficeria i banditi avevano sparato per uccidere, con raffiche ad altezza d'uomo. Stacchio, per il pm e per il giudice, ha risposto a una minaccia mortale reagendo con un mezzo proporzionato, cercando però di non colpire parti vitali dei rapinatori. Dei tre colpi sparati dal benzinaio, due erano indirizzati contro la carrozzeria dell'auto dei banditi e uno aveva raggiunto la parte posteriore della coscia di Cassol.
Stacchio rifiuta la definizione di eroe - Stacchio rifiuta anche la definizione di eroe, ma ammette di essere sempre disposto a mettere a repentaglio la propria vita per difendere quella di chi è in pericolo. Come avvenne, prima dei fatti di Ponte di Nanto, quando si gettò in un fiume per salvare la vittima di un incidente stradale.