BENTORNATO MAESTRO!

Riccardo Muti ricalca il proscenio del Teatro alla Scala

Il Maestro accolto con una standing ovation all'inaugurazione di una Mostra a lui dedicata per il suo 75mo compleanno

Il Maestro è tornato a casa e dopo 16 anni di assenza ricalca il proscenio del Teatro alla Scala. Il pubblico lo accoglie con una standing ovation, quelle che si riservano solo ai "grandi". E Riccardo Muti è sicuramente uno dei più grandi. Il prossimo 28 luglio compirà 75 anni e il Teatro, di cui è stato direttore musicale per vent'anni, lo festeggia con una mostra.

"Bentornato a casa!": fra le ovazioni di un Piermarini gremito e in piedi un urlo si leva dai palchi non appena Riccardo Muti appare per l'incontro organizzato proprio per inaugurare la mostra a lui dedicata. Ad accoglierlo i musicisti del Quartetto della Scala che suonano due movimenti dei quartetti milanesi di Mozart e Verdi. Un appuntamento storico.

La mostra al Museo Teatrale della Scala resterà aperta fino al 15 ottobre e ripercorre i 19 anni della direzione artistica di Muti (1986-2005), fra racconti e immagini che descrivono momenti memorabili e la particolare empatia con autori proprio come Mozart e Verdi.
Un regalo di compleanno, ma soprattutto un omaggio sentito e meritato ad un grande Maestro: "Il ritorno in questa sala è motivo di grande commozione, anche se sono uno di quelli che non mostra i suoi sentimenti: nel bene o nel male ho dato tanto alla Scala, alla città e quindi all'Italia", dice Muti. Che non risparmi però i consueti "rimproveri" ad un Paese "che fa spreco della parola cultura. In Corea ci sono 30 orchestre sinfoniche, mentre da noi alcune regioni non hanno neppure un teatro: ' vergognoso per il paese che ha creato l'opera, la musica da camera, la terminologia musicale".

Muti parla per oltre un'ora e mezza, esalta il repertorio italiano, quello meno popolare da riscoprire con orgoglio e quello classico da proteggere. Narra aneddoti della sua carriera, dall'emozione per il ritorno della Traviata dopo 26 anni di assenza al dibattito che seguì alla rottura dell'etichetta toscaniniana quando eseguì il bis del 'Va, pensiero', e ricordi divertenti e non. Arringa in difesa del pubblico: "Lasciatelo venire a teatro come andrebbe al cinema, questa è cultura" e critica l'abitudine di studiare direzione: "Che significa? Per dirigere bisogna studiare composizione, conoscere il teatro, non imparare una gestualità". Il finale è tutto nelle mani del violoncellista Massimo Polidori che si fa portavoce di tutti i presenti: "Il nostro augurio è quello di rivederla dirigere in questo teatro".