Papa Francesco dà più forza alle norme che consentono la rimozione dei vescovi che coprono abusi sessuali sui minori da parte di sacerdoti attivi nella loro diocesi. Il Santo Padre ha infatti pubblicato una lettera apostolica Motu proprio, "Come una madre amorevole", in cui si precisa che tra le "cause gravi" che possono provocare la destituzione "è compresa la negligenza" in particolare sulla pedofilia.
Le parole del Papa - Ecco cosa si legge sulla lettera che accompagna il documento realizzato dal pontefice: "Come una madre amorevole la Chiesa ama tutti i suoi figli, ma cura e protegge con un affetto particolarissimo quelli più piccoli e indifesi: si tratta di un compito che Cristo stesso affida a tutta la Comunità cristiana nel suo insieme. Consapevole di ciò, la Chiesa dedica una cura vigilante alla protezione dei bambini e degli adulti vulnerabili. Tale compito di protezione e di cura spetta alla Chiesa tutta, ma è specialmente attraverso i suoi Pastori che esso deve essere esercitato. Pertanto i Vescovi diocesani, gli Eparchi e coloro che hanno la responsabilità di una Chiesa particolare, devono impiegare una particolare diligenza nel proteggere coloro che sono i più deboli tra le persone loro affidate".
Il documento continua: "Il Diritto canonico già prevede la possibilità della rimozione dall'ufficio ecclesiastico 'per cause gravi': ciò riguarda anche i Vescovi diocesani, gli Eparchi e coloro che ad essi sono equiparati dal diritto. Con la presente Lettera intendo precisare che tra le dette 'cause gravi' è compresa la negligenza dei vescovi nell'esercizio del loro ufficio, in particolare relativamente ai casi di abusi sessuali compiuti su minori ed adulti vulnerabili, previsti dal MP Sacramentorum Sanctitatis Tutela promulgato da San Giovanni Paolo II ed emendato dal mio amato predecessore Benedetto XVI".
Padre Lombardi: "Negligenza, non delitto" - "Si tratta di una legge - ha spiegato il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi - che stabilisce una procedura da seguire per l'attuazione di un canone già presente nel Codice di Diritto Canonico, il canone 193 comma 1, e in quello di Diritto Canonico delle Chiese orientali, il canone 975 comma 1". Non siamo nel campo, inoltre "del procedimento penale, perché non si tratta di un 'delitto' compiuto, ma di casi di 'negligenza' da parte di vescovi o superiori religiosi".
L' "istruttoria" sui casi di negligenza spetta alle Congregazioni competenti, a cui quindi questi casi possono essere riferiti, e che sono quattro: quella per i Vescovi, quella per l'Evangelizzazione di Popoli, quella per le Chiese Orientali e quella per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita apostolica nel caso di negligenze commesse da superiori di ordini religiosi, che in questa materia sono equiparati ai vescovi. "Non è chiamata in causa la Congregazione per la Dottrina della fede - ha spiegato ancora Lombardi -, perché non si tratta di delitti di abuso, ma di negligenza nell'ufficio nell'ufficio. Presso le Congregazioni esistono già uffici disciplinari analoghi".
Ci sono due punti nel Motu Proprio da notare in particolare: la mancanza di diligenza può esserci anche "senza grave colpa morale da parte del vescovo"; nel caso di abusi su minori "è sufficiente che la mancanza di diligenza sia grave", mentre negli altri casi si richiede mancanza di diligenza "molto grave".
"Trattandosi di decisioni importanti sui vescovi, l'approvazione specifica dipende dal Santo Padre", ha sottolineato Lombardi, annotando che "ciò non è una novità". "Nuova è invece la costituzione di un 'apposito Collegio di giuristi' che assisterà il Santo Padre prima che assuma una decisione definitiva una decisione definitiva. Si può prevedere che tale Collegio sia costituito da cardinale e vescovi", ha osservato il portavoce vaticano. Trattandosi infine di una normativa su procedure non si pone questione di retroattività o meno. "D'ora in poi - ha concluso Lombardi - la procedura per l'applicazione del canone 193 comma 1 p quella stabilita".