Io non ho paura di morire. Solo che non voglio esserci quando accadrà, la frasetta la balbettava Woody Allen e dà filtrata dall ironia- lesatta misura della puntata dell Infedele dellaltra sera. Di solito questo spazio è un ameno luogo di poderose sciocchezze. Ma per una volta rispolverando un inconsueto rigore morale- dobbiamo scappellarci davanti a Gad Lerner, che è riuscito a trattare, socraticamente, un tema oscuro (la morte, appunto con un titolo cronistico : Dal nostro inviato nellaldilà Tiziano Terzani) illuminandolo con la torcia dellintelligenza.
Non che Gad non sia intelligente, anzi. Talora (lo fa pure Giuliano Ferrara) esagera nel ricordatelo come un Eco, un Bernard Levy, un Arbasino qualsiasi. Ma, mentre il resto del mondo inondava i palinsesti con i tediosissimi strascichi dello scontro (miodio) Prodi-Berlusca, dallanalisi della cotonatura dei capelli a quella del conto degli anacoluti dei due leader, Gad faceva una scelta coraggiosa.
La morte. Che non è esattamente La vita in diretta o La fattoria, ed è, perfino, più interessante. Ci mancava che ci ragionasse, Gad, con la morte, che ci sincazzasse con la vecchia signora, come Woody Allen in Amore e guerra o il giocatore di scacchi di Bergman nel Settimo sigillo o gli impiccati della Ballata di Villon. Un ardore spudorato. Da questa puntata dellInfedele trasudava, infatti, una spiritualità laica e una partecipazione emotiva che ci ha scosso la coscienza, neanche fosse una marmotta svegliata dal letargo con un elettroshock; considerando che pensavamo di averla smarrita, la coscienza, è un bel risultato.
La puntata è difficilmente descrivibile; il parterre talmente alto da squilibrare. Lo spunto era la presentazione del libro La fine è il mio inizio (Longanesi) , testamento spirituale del grande giornalista Tiziano Terzani, vicino in età matura alle discipline orientali e scomparso per un tumore. Terzani aveva narrato la sua succosa esistenza al figlio Folco, un capellone dalleloquio brioso, il quale ne ha fatto un opera letteraria.
Ma il Terzani che da vecchio aveva già conosciuto tutto, lamore, gli uomini, le guerre e non era più affamato di vita e savvicinava al grande passo liberandosi del fagotto dellidentità (diceva Folco) era solo lo spunto. A discutere, vivacemente, sul tema della morte, invece, vissuta con entusiasmo e della malattia come militanza cerano Giulio Girello, filosofo delle scienza, il priore Enzo Bianchi, lesperta di cure palliative Francesca Florani e lo studioso di buddismo Ugo Leonzio. Bene. Abbiamo smanettato per sbaglio su cosa ci avrebbe noiosamente propinato LInfedele, ci siamo finiti dentro, e non ci siamo più scollati dal video.
Da laici conclamati abbiamo vissuto con passione lo scontro tra Bianchi che cristianamente diceva: Ciascuno di noi deve imparare a contare i propri giorni e arrivare alla sapienza che Dio ha messo nel cuore delluomo: il senso delleternità e il positivista Giorello che ribatteva citando lepopea babilonese di Gilgamesh: Nelleternità cè il nulla la morte è leterna prigionia (la conferma che il positivista ha una terribile condanna rispetto allateo: crede, ma nel peggio).
Da cronisti frou frou, da parrucchieri dellinformazione abbiamo apprezzato Emanuele Severino che citava Spinosa con la stessa leggerezza con cui Gerry Scotti scandisce i quesiti di Passaparola. Da uomini che hanno conosciuto il travaglio e la perdita di una persona cara abbiamo partecipato allidea della malattia attenuata dalla conoscenza (negli Ospes, inglesi simili, per certi versi, alle case dei morenti di Madre Teresa) spiegata con partecipazione dalla collega Paola Maugeri, che di solito gigioneggia di musica su Mtv, e qui ha sfoderato uno spessore laico straordinario.
Abbiamo addirittura ritenuto intelligenti le parole dellospite Jovanotti, di solito avvolte dal vacuo. E abbiamo pianto. Davvero. Lacerati dalle emozioni e dalle parole andate a dormite e colpite da un dolore profondo che non mi riesce di spiegare, canterebbe Pacifico.
Mai vista una roba del genere. Se ne può fare una allanno, di trasmissioni di questo tipo, ma quelluna vi assicuro- vi può bastare tutta la vita.