Si sente spesso parlare di “mal d’Africa”, quella sorta di nostalgia che prende chi ha avuto la fortuna di conoscere questo grande e variegato continente e se ne sente irrimediabilmente attratto, stregato dalla sua essenza antica e sensibile ad un richiamo ancestrale che porta a volervi fare ritorno. Volti, colori, profumi, odori, ogni cosa in Africa sembra avere una forza più intensa, una carica emotiva che colpisce chi è disposto a lasciarsi conquistare, abbandonandosi alla magnificenza dei suoi paesaggi, alla fierezza delle sue genti e al fascino straordinario della sua fauna selvaggia che ne punteggia ogni angolo.
Il Kenya è tra i paesi nei quali, più che altrove, si rischia di “ammalarsi” di mal d’Africa, infatti, pur essendo un Paese equatoriale e tropicale, presenta climi molto vari e altrettanti scenari naturali, che vanno dalle zone desertiche a nord, agli altopiani centrali, sino ai boschi, alle savane e alle lunghe catene montuose.
Oggi sono molte le aree protette nate per tutelarne la straordinaria biodiversità ed è proprio in questi parchi e riserve che è possibile osservare i grandi mammiferi africani nel rispetto del loro vivere selvaggio. La riserva faunistica di Masai Mara è una delle più famose per l’alta concentrazione di fauna selvatica; si sviluppa nella parte sudoccidentale del Kenya, nella pianura di Serengeti, confinante con il parco del Serengeti in Tanzania dal quale, ogni anno, migrano migliaia e migliaia di gnu diretti verso le pianure del Masai Mara, rese rigogliose l’indomani della fine della stagione delle piogge.
Quello della migrazione è solo uno degli spettacoli ai quali si può assistere in questa terra dove convivono predatori e prede. I leoni sono i re indiscussi della savana dove si muovono sinuose giraffe ed eleganti gazzelle, imponenti elefanti e rinoceronti, mentre gli ippopotami, solo all’apparenza innocui, non si allontanano mai dagli specchi d’acqua nei quali restano immersi per la maggior parte del tempo. Zebre, iene, struzzi, avvoltoi e giaguari, struzzi e marabù, un caleidoscopio di specie con le quali il popolo Masai condivide da sempre queste terre.
I Masai sono tradizionalmente dei pastori, si dedicano all’allevamento del bestiame ed è attorno a questa occupazione che si svolge la vita della comunità. I villaggi sono circolari, costituiti da semplici ed anguste capanne, realizzate con terra e sterco mescolati. Al centro vengono ricoverate le mandrie durante la notte, per poterle proteggere dai predatori e a questo scopo vengono anche realizzate cinte spinose esterne ed interne al villaggio. Ogni fase della vita di un Masai viene scandita da riti di passaggio e sono note le danze nelle quali gli uomini si esibiscono a turno in poderosi salti, accompagnati da canti.
In tempi remoti vestivano di pelli, mentre oggi gli uomini indossano i shuka, le tipiche coperte usate per realizzare i kilt ed ereditate, per così dire, dai soldati inglesi. Sono di cotone a quadri e predominano il rosso e il nero, non mancano mai monili, bracciali e pendenti spesso realizzati con vivaci perline colorate. Un popolo che della propria terra ha assorbito la forza e la bellezza, che trasmette a chi lo osserva con uno sguardo diretto e fiero o con un unico grande salto.