Strage di Capaci, Mattarella: "Grato a chi non si è mai scoraggiato nella battaglia contro le mafie"
Nel giorno del 24esimo anniversario della tragedia, il Capo dello Stato ha citato le parole di Giovanni Falcone: "La mafia non è affatto invincibile"
"Desidero esprimere la mia vicinanza e la mia gratitudine a chi non si è mai scoraggiato nella battaglia contro le mafie, contro l'illegalità e contro la corruzione". Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 24esimo anniversario della strage di Capaci. "La mafia non è affatto invincibile", ha poi aggiunto citando le parole di Giovanni Falcone, morto nell'attentato del 23 maggio 1992.
Il Capo dello Stato ha poi ringraziato chi si è prodigato nella lotta alla criminalità organizzata "a costo di sacrificio personale e a chi ha compreso il valore della cultura della legalità, che vive anzitutto nell'agire quotidiano".
"La strage avviò una riscossa morale" - In un messaggio inviato a Maria Falcone, sorella del magistrato e presidente della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, Mattarella ha scritto: "Il 23 maggio è una data incancellabile per gli italiani. La memoria della strage di Capaci è iscritta con tratti forti nella storia della Repubblica e fa parte del nostro stesso senso civico. Un assassinio, a un tempo, che ha segnato la morte di valorosi servitori dello Stato, e l'avvio di una riscossa morale, l'apertura di un nuovo orizzonte di impegno grazie a ciò che si è mosso nel Paese a partire da Palermo e dalla Sicilia, grazie alla risposta di uomini delle istituzioni, grazie al protagonismo di associazioni, di giovani, di appassionati educatori e testimoni".
"Il maxiprocesso dimostrò che lo Stato sa reagire" - "Quest'anno ricorre il trentesimo anniversario del maxiprocesso ai vertici di Cosa Nostra - si legge ancora nel messaggio -, frutto di un lavoro di qualità, intelligenza, impegno straordinari, di cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino furono artefici essenziali. L'evidenza giudiziaria della mafia, e le numerose condanne sancite nelle sentenze, travolsero antiche omertà e ipocriti opportunismi, offrendo allo Stato e alla comprensione degli italiani quanto esplicito e intollerabile fosse l'attacco alla democrazia e alla convivenza. Il maxiprocesso fu una pietra angolare, premessa anche di quella mobilitazione delle coscienze che si manifestò dopo gli assassini di Falcone, di Borsellino, di Francesca Morvillo, degli uomini e delle donne delle scorte, Rocco Dicillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano".
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